sabato 21 gennaio 2023

Prima di iniziare: leggi bene

E siete persone con voglia di provare a costruire cose nuove. In particolare volete costruire un’automobile. 

Ottimo. Cominciate a girare su google, vedere maree di video, vi istruite su quante cose possibili, visto i pochissimi dati che vengono rilasciati nei video. Molti propongono corsi, a pagamento ovviamente, o libri. 

E in testa avete una confusione totale. 

Forse è bene fermarsi un attimo a riflettere prima di iniziare la rincorsa all’ultimo tutorial. 

Quante varietà di auto esistono?

Quanti tipi di motore?

Quanti tipi di alimentazione?

Quanti tecnologie per la realizzazione dei singoli?

Ecco, addentrarsi nella panificazione, all’inizio, è come voler costruire una Ferrari, col motore di una 500, ma con la tecnologia di una Lamborghini, che però funzioni come una jeep, ma che sia combinabile come un camper… un delirio totale  

Quindi? Quindi facendola semplice, si parte dalle regole base, dal capire i processi, e soprattutto dal fare delle scelte di base  

Un’auto ha di norma delle ruote, altrimenti non cammina  

Poi ha un volume, che serve per contenere chi guida, magari famiglia o amici, e bagagli

Poi ha un motore, di un solo tipo, con una o due alimentazioni  

Poi dovremo scegliere dove dovrà camminare, se nelle piste o  nei sentieri di montagna, e a che velocità  

E tante altre cose simili  

Una volta capita la base, e stabilite delle regole, che son certe per tutte, poi e ripeto poi, ci si potrà specializzare in una certa serie di modelli, sperimentare nuovi volumi, nuovi motori, o nuove tecnologie in genere   

Non guardate un tutorial, non leggere un libro, senza aver capito le regole base. Davvero alla fine vi trovereste a voler produrre una Ferrari da gara, montandola con elementi di un camper  

Siate semplici, siate umili, conoscete e comprendete le regole, e quando avrete prodotto la prima macchinina con tavolette e ruote fatte coi cuscinetti delle macchine, e i risultati siano corretti e convincenti, poi potrete man mano spingere fantasia è conoscenza e sperimentare qualcosa di nuovo, un passo alla volta  

Così è la panificazione  

Non pretendete di partire con la creazione di un pane, ma poi di voler realizzare un panettone, utilizzando la ricetta della pizza napoletana, che però la volete cuocere come una pala romana  

Partite col conoscere i singoli elementi, come si usano, prefissatevi un risultato semplice, ed acquisite una sola modalità di realizzazione  

E provate, una, due, 100 volte, fino alla perfezione o quasi  

E quando avrete acquisito la conoscenza, e con essa la capacità di riconoscere gli errori, e di come fare le correzioni, che ricordate, spesso valgono per voi ma non per altri, perché ognuno ha i suoi elementi e macchine, che non sono quelle degli altri, allora si, allora potrete fare passi avanti, senza fretta  

Nella panificazione non ci vuole mai fretta, ma solo i giusti tempi, le giuste temperature, i giusti ingredienti, è una buona dose di pazienza e accettazione degli errori  

Leggete le poche cose che ho scritto, così come leggere quelle degli altri, cercate di comprendere, cercate altrove ciò che non vi è chiaro, e fate un progetto, scrivendo a penna su un foglio ciò che volete provare, segnando tutto, ma proprio tutto gli elementi che andrete ad usare: farine, acqua, temperature, lieviti, tempi, forni… e chi più ne ha più ne mette  

Guardate il risultato, cercate di capire cosa non è andato bene, perché non andrà bene, cercate quelle elemento secondo voi è sbagliato, e al prossimo giro cambiate solo quello, non altri, o non capirete se avete fatto un nuovo errore  

E pian piano, o velocemente se siete particolarmente ispirati, comincerete ad ottenere piccole meraviglie  

Buon lavoro  


lunedì 16 gennaio 2023

Sale, Malti e zuccheri negli impasti (reazione di Maillard)

 Sale

Serve sia per dare sapore che per incordare meglio il glutine. Escluso il pane toscano o pane sciapo, è praticamente prensente in ogni ricetta.

Il sale ha però il difetto di uccidere i lieviti, e non dovrebbe mai essere immesso assieme al lievito nell'impasto. Conviene sempre impastare prima, e quando si raggiunge l'effetto zucca (impasto incordato), aggiungerlo al tutto, spargendo e miscelando molto bene.

Se ne usa di solito dai 20 ai 25 g/kg di farina.


Malto e zuccheri

Di suo non son previsti ne malto, ne zucchero, ne miele, in quanto non strettamente necessario all'impasto o al prodotto finale.....ma.... c'è sempre un ma.

Una piccola aggiunta di una zucchero, aiuta la crescita dei lieviti, gli da cibo da mangiare, perchè se ci si pensa bene, i lieviti scindono l'amido dell'impasto, formando alcol etilico e anidride carbonica, che poi formerà le bolle di gas trattenute dal glutine.

Quindi più amidi (o zuccheri) presenti, più gas formato. Entro limiti tollerabili ovviamente.

La sua presenza è utile anche quando trattiamo lunghe lievitazioni, in quanto aumenta il materiale di cui i lieviti possono cibarsi.

Aiuta notevolmente la reazione di Maillard, dando il giusto imbrunimento alla crosta, e rendendo più digeribili le proteine. Cosa è?

Durante la cottura degli specifici amminoacidi presenti nelle proteine di molti alimenti, ogni cibo, pane, carne, pesce etc, interagiscono con gli zuccheri riducenti liberi, per dare una serie di modifiche del prodotto iniziale, come appunto sapore, imbrunimento della superficie, che cambiano in maniera sostanziale il prodotto finale.

Da non confondere con la carammelizzazione degli zuccheri, che è un'altra cosa.

La reazione avviene in ambiente alcalino, per questo, come scritto nel post dell'acqua, chi ha problemi di ottenimento della reazione, deve controllare e analizzare il ph del proprio processo, per evitare un risultato bianchiccio e insipido.

D'altra parte, una reazione troppo forte, porta alla bruciatura degli elementi, formando vero e proprio carbone. Vedi bolle bruciate di alcune pizze, che grazie a temperature troppo evelate, e una rapida perdita d'acqua dell'impasto, dovuto al fatto che magari è molto fine, porta la bolla a bruciarsi. Attenzione, per quanto alcune bruciature siano gradevoli, contengono benzopireni, che sono cancerogeni. Ovvio che una sola bolla non fa nulla, occorrerebbe magiare cibo bruciato di continuo, ma meglio evitare.

La reazione avviene a temperature superiori ai 180 gradi, per questo sui cibi coti a vapore, ad esempio, risulta tutto meno appetitoso. Ben diverso da cotture in forno, grigliati, fritti, arrosto.

Nota: alcuni dicono che le grigliate fanno male; no, fa male bruciare le grigliate, non averle saporite.

Quindi, ritornando, aggiungere una piccola dose di zucchero all'impasto, fa si che otterremo un tutto più brunito, saporito, appetitoso, perchè ci sarà zucchero che avanza per la suddetta reazione.

Cosa è meglio?

La differenza la fa il potere diastatico, cioè quanti enzimi alfa e beta amilasi son presenti, che hanno capacità di scindere il malto in glucosio (unità Pollak).

Dal più alto al più basso:

- concentrato in sciroppo, o estrato di malto in pasta, che è il milgiore in assoluto.

- Estratto di malto in sciroppo: alto potere distatico e altra presenza di zuccheri

- Farina di malto: buon potere distatico, bassa presenza di zuccheri

- Estratto di malto in polvere: è malto in sciroppo essiccato, ha alta presenza di zuccheri, ma pocchisimo potere diastatico

- Miele: molti zuccheri, poco diastatico

- Zucchero da cucina: come il miele seppur inferiore come effetto


Non conviene usare il malto su impasti che superano le 12 ore di lievitazione (24-48 etc), perchè qui occorre una lunga maturazione, e la lievitazione deve essere rallentata al massimo.

Preferiremo usare il malto dagli impasti rapidi fino a quelli a 12 ore.

Quanto se ne usa?

Se il malto è liquido o in pasta, se ne usa 0.5-1% (<10 gr/kg), se è in farina, se ne usa un 3-5% (<50 gr/kg)

Quanto all'aggiunta, dipende da cosa abbiamo e siamo attrezzati, Si può miscelare alla farina, oppure aggiungerlo assieme al lievito nell'acqua, insomma tutto libero, purchè venga ben miscelato.






Pizza, che cambia?

 Abbiamo fatto un largo giro sugli elementi della panificazione in genere, mirati per lo più a produzione di pane.

E per la pizza?

Ovviamente ci sono elementi da considerare.

La pizza deve essere sempre morbida ma croccante, consistente al morso, ma nello stesso tempo masticabile. Facilmente digeribile, di norma con alveolature molto importanti, vere e proprie caverne.

Facciamo un escursus dei principali elementi di differenza col pane, e rimandiamo poi alle singole ricette dei singoli pizzaioli.

La prima nota è che per la pizza si usa più facilmente farina 00 piuttosto che 0, spesso con aggiunta di Tipo1 & o  2, con uso o aggiunta di manitoba per le lunghissime lievitazioni (anche 72 ore e oltre), con forti o fortissime idratazioni, fino all'80% per la pala romana, leggermente più basse, attorno al 70% per napoletane o izze al piatto che siano.

Anche qui c'è differenza tra pizze velocissime (3 ore in tutto), alle più strutturate.

Una differenza sostanziale sono gli impastatori: per idratazioni soorattutto superiori al 70 % è consigliabile una macchina a velocita selezionabile. Una spirale monovelocità infatti sarà perftta fino al 70%, ma soffre per idratazioni superiori. Quando si idrata molto, e si arriva ad aggiungere tutta l'acqua, c'è bisogno di molta forza meccanica, che non potendo cambiare nell'intensità, viene cambiata nella frequenza.

Ovviamente si cuoce meglio con pietre refrattrie, anche di 1,5 cm di spessore, essendo più importante la temperatura del vano che non quella del fondo.

SI cuoce tranquillamente nel forno di casa, ma i risultati veri si hanno con gli appositi forni per pizza, da quelli a legna agli elettrici, capaci di portare livelli di temperatura di 350-450 gradi, con cotture di pochi secondi.

Per il forno di casa, in caso di pizza in teglia, suggerisco un piccolo accorgimento.

Stendere la pasta sulla teglia, condirla col pomodoro abbastanza asciutto (solo polpa niente acqua) e lasciarla lievitare per il tempo necessario.

Immettere nel forno caldissimo in posizione estremamente bassa. Lasciarla una decina di minuti, il tempo che gonfi, poco di più, estrarla e aggiungere velocemente mozzarella o altri ingredienti, e reinfornarla, questa volta il posizione a soffitto, per altri 10 minuti circa, il tempo di far sciogliere la mozzarella.

Usare mozzarella per pizza, quella secca per intendersi, non quella da pranzo venduta nella sua acqua, perchè durante la cottura l'acqua esce, allaga la pizza, impedendo la cottura.

Le teglie da usare… siamo seri, niente teflon, acciaio o smaltate. Usiamo teglie di acciaio blu. Prendiamo quelle idonee alla dimensione del forno, di buon spessore in modo che non si imbarchino in cottura, o meglio quelle con sagomatura diagonale che le mantengono dritte. 

Facciamo un buon trattamento iniziale, quello suggerito con doppia bruciatura dell’olio, e avremo il top del top. 

Non sapete quale sono? Siate mai stati nelle pizzerie al taglio? Mai visto cosa usano? Appunto. 

Basta andare su Amazon se non trovate un fornitore in zona. 


Fasi della panificazione

Quali sono le varie fasi della panificazione?

Dunque: la prima in assoluto è scegliere la ricetta da eseguire

Poi scegliere gli ingredienti più appropiati, quindi procedere con le varie fasi, identiche per tutti ilievitati.

Tipi di impasto: leggi il post specifico

Fasi dell'impastamento

 1- Impastamento: in questa fase viengono miscelati gli ingedienti, farina, acqua, lieviti o preimpasti, sale, oli e altri evntuali.

L'impastamento si esegue perchè si formi la maglia glutinica, fino al punto di pasta, cioè quando la maglia ha raggiunto il suo massimo, prima che si disgreghi, rappresentato dai seguenti punti: forma a zucca (per la spirale), aspetto lucido ma asciutto, non appiccica al tatto, tirando un lembo non si spezza ma tende a distendersi elasticamente, e per gli impasti più idratati, allargando due dita con l'impasto sopra, si forma una specie di vela che non si spezza.

2- puntata: questa avviene dopo che avremo formato la massa, l'impasto. E' in pratica la prima lievitazione, e serve per dare elasticità alla massa, altrimenti ingestibile in questa fase. L'impasto appena pronto, salvo grosse idratazioni, è una massa abbastanza dura da manipolare.

Prima di procedere diciamo anche che finito l'impasto, per dare forza alla maglia, si usa fare anche delle "pieghe" all'impasto stesso. 

E' abbastanza semplice. Si stende l'impasto con le dita, o sollevandolo al centro se è una quantità importante, e si raddoppia, mettendo una metà sopra l'altra. Si ristende, ma nell'altro senso, e si raddoppia ancora, e ancora una volta, sempre cambiando senso, si raddoppia ancora. Si forma il panetto, chiudendo i lembi, e formando una palla chiusa.

Quando si forma la pagnotta, soprattutto in caso di filone, si può anche usare una semicilindratura.si stende l’impasto a forma quadrata, poi si parte da un lato corto, e si piegano gli angoli verso in centro. Successivamente si prende la punta creata, e si comincia ad arrotolare, fino alla fine. Evitare di lasciare farina all’interno, anzi se risulta troppo asciutta spruzzare un tantino la superficie. Questo per evitare che poi, a pane cotto, tenda a spaccarsi sul punto di congiuntura causa presenza della farina  

Per pani alveolati, baguette, panini Rosetta (michetta), Mantovani etc, si usa invece la cilindratura.

Si stende la pasta a rettangolo, si prende un lato corto, a si comincia ad arrotolare molto stretto. Non è male premere leggermente il bordo ad ogni giro. A fine arrotolatura, si lascia un piccolo lembo di impasto steso, si salda il rotolo, poi si salda ancora stendendo il bordo residuo; in pratica viene una doppia saldatura.

Per la baguette in particolare poi si prende questo rotolo, si stira con grazia come se stessimo formando un serpente da gnocchi, e si schiacciano le punte facendole proprio a freccia  

Per i panini invece si cilindra utilizzando una “nonna papera” (giusto per dare uno spessore costante).

Si fa una striscia di impasto larga circa 5 cm, si passa sui rulli alla massima grandezza, e si raddoppia 2/3 volte facendolo ripassare nei rulli. Alla fine si arrotola bene e si prosegue col dare la forma specifica del singolo panino  

Nota: per un pane normale basta di norma un giro di pieghe post impastatura d uno quando si forma la pagnotta  

Per pani alveolati, tipo Rosette, baguette, queste vengono ripetute molte volte, a distanza di tempo  

A questo punto due sono le strade, a caldo e a freddo. La prima si usa per gli impasti rapidi, tipo da 2,30 a 8 ore, con ideratazioni <60%. La seconda si preferisce per gli impasti superiori al 60 %. Se fatta in frigo, l'impasto matura più che lievitare nelle specifico, vengono digeriti gli amidi in modo molto lento, assieme ad amminoacidi etc, donando all'impasto gusti e fragranze diverse ma superiori. A caldo la puntata va da un minimo di 30 minuti ad un massimo classico di due ore. Come regolarsi? A parte le indicazioni della ricetta, poi bisogna fare i conti con le temperature. Di cosa? Dell'impasto in primis, e di dove mettiamo a lievitare poi. Influisce anche se è estate o inverno. L'impasto rapido ad esempio viene eseguito con acqua calda, anche entro 35 gradi, quelli che dovranno maturare in frigo o che usano farine molto forti, con acqua sotto i 15 gradi, spesso anche raffeddata ulteriormente con cubetti di ghiaccio, con temeprature finali che non suprano di norma i 24°. Ricordo che anche la quantità di lievito cambia notevolmente, per esempio 2 gr/kg per il freddo, fino a 25 per il caldo.

Ovviamente nel processo rapido tutto deve essere accelerato.

Poi conta la temperatura ambientale (che ovviamente cambia tra estate e inverno), cosi come se mettiamo l'impasto in cella di lievitazione, o in forno con lampadina accesa etc. Diciamo che la puntata rapida dovrebbe procedere su un range di 26-28 gradi circa. Meno rallenta, più si secca l'impasto o brucia i lieviti.

Termometri, acqua, ambiente... come fare a capire quando la prima fase, la puuntata, è terminata? Ovviamente anche qui c'è il sistema semplice: il raddoppio della massa..che attenzione, non significa il raddoppio delle dimensioni. Due semisfere con il doppio di raggio, avrano un volume quadruplo o giù di li, non solo doppio. Fare attenzione.

Le nonne avevano un sistema semplice e "scaramantico"; facevano una croce sopra il panetto (era anche una forma di benedizione, affinchè il processo avvenisse). Quando la croce si distende diventando irriconoscibile, quando il panetto si "affloscia", la putata è terminata e si può procedere con le altre fasi.

3- Staglio: è la fase della formazione dei panetti, o del pane. Serve per rigenerare il glutine, e dare nuovo vigore all'impasto, per la seconda lievitazione (o vera lievitazione). Com esi procede. Si pone la massa sul piano, si taglia con una lama un pezzo di pasta, si pesa secondo la quantità desiderata, e si racchiude a palla, stando attenti alla pirlatura, cioè alla chiusura perfetta dei bordi di collimazione. I panetti vengono posti di norma nelle scatola apposite in plastica, a poi chiuderemo con coperchio in attesa della lievitazione finale.

E se è un pane? Divideremo solo se necessario, tipo facciamo panini, due pagnotte, baguette etc, ma comunque andremo a fare nuove pieghe, dando contemporaneamente forma al pane.

Possiamo fare le pieghe (mai più di tre), e lasciarlo come pane rotondo, oppure allungarlo a filoncino, oppure facendo il canale centrale col raddoppio per la baguette. 

i pani cosi formati possono essere lasciati in lievitazione in modi diversi. In una ciotola coperti con coperchio o pellicola, sul piano di lavoro purche non di legno, oppure la perfezione, negli appositi cestini di lievitazione già descritti in altri post, ma oltre a mantenere la forma data, mantengono stabile la temperatura e permettono il rovesciamento in pala in modo molto semplice, senza rischiare di shiacciare il pane durante le manovre di trasloco, perchè in pratica basta rovesciare il cestino e il pane cadrà da solo sulla pala o teglia che sia. Nel caso del cestino si consigli di lasciare il punto di pirlatura sopra, verso l'alto, cosi quando sarà rovesciato, rimarrà sotto e non si vedranno difetti di crosta (oltre a premettere di fare anche tagli di tipo ornamentale al pane stesso.

4-Appretto: questo è il nome della seconda lievitazione. La temperatura deve essere tra i 26 e i 28 gradi, per avere il meglio e più performante. Questo perchè in questa fase i lieviti daranno il loro massimo, formando gas, che sarà trattenuto dalla maglia glutinica.La superficie dovrà rimanere sempre in condizioni di umido, quindi si usano coperchi in plastica (es per i panetti), canovacci, film plastici etc. per i pani. La durata dipende dal peso delle forme, dalal ricetta etc, ma mediamente si parte da due ore fino a otto di media, controllando anche le condizioni di lievitazione con mano: si preme leggermente con un dito la superficie del pane.

Se l'impasto torna su "violentemente", in modo quasi elastico, ancora non ha finito la lievitazione, è in piena attività. Se torna su lentamente, significa che la maglia sta perdendo resistenza, ma anche che l'impasto è pronto. Se rimane il buco, attenzione che abbiamo passato i limiti e il pane si sta sgonfiando.

 Da questa fase fino alla cottura, teniamo presente che ogni pressione fatta alla forma, causerà perdita di gas, appiattimento, consolidamento, perdita degli alveoli, insomma mattoni. Per questo vengono preferiti cestini o la grossa manualità del buon fornaio per quanto riguarda i pani.

Per le pizze invece..... se è tonda, solleveremo il panetto con una spatola a fine ievitazione, si pone sopra una spolverata di semola e.... premeremo con cura solo al centro, facendo un movimento di spinta dei gas verso il cornicione, che non andrà mai toccato. In rete ci sono video per il movimento migliore da eseguire. VIETATO IL MATTARELLO. Si solleva poi dalla farina scuotendo l'eccesso, e si procede con coondimento e infornamento.

La pizza in teglia invece si tira sui bordi appena fatto lo staglio, dandogli una forma rettangolare, e si pone sulla teglia. Se avete quelle di acciaio blu non avrete alcun problema a stenderla, se avrete quelle classiche, che ahime si attaccano all'impasto, dovrete usare un filino di olio, o una carta da forno. Occhi che l'olio tenderà a far ritirare la pizza su se stessa (ricordiamoci che siamo nella fase in cui ancora l'impasto è duretto e molto elastico; anche per questo le pizze in teglia vengono idratate moltissimo, in modo da avere una massa più morbida e malleabile). L'appretto della pizza in teglia avverrà quindi nella teglia stessa, con la forma già predisposta. Non rimarrà altro che procedere con le varie metodiche (esempio quando ha lievitato almeno un'ora, fare i buchi con le dita, e riempirli con emulsione di acqua ed olio e spolverata di sale, oppure olive o pomodorini in ogni buco, poi un'altra oretta di lievitazione, per fare la fugassa genovese, oppure stenderci pomodoro etc.per la classica teglia romana, o cipolle bianche crude, oppore le rosse caramellate, o ciò che la fantasia di suggerirà. Ricodno ancora, nel caso di immisisone di mozzarella, di usare fior di latte ma secco, o bufala preventivamente fatat a pezzetti e ben scolata. Non è male condira le pizze durante la lievitazione in genere, e poi lasciar lievitare ancora.

Per i forni di casa, suggerimento: inserire la teglia nel forno nel punto più basso per 10 minuti, tirarla fuori, aggiungere velocemente la mozzarella, e posizionara per altri 10 minuti sul piano più alto.

Qualche spiegazione aggiuntiva


Tempi di puntata e lievitazione. 
A parte le eventuali 12/24 etc ore in frigo richeiste dalla ricetta, gli altri tempi hanno molta variabilità. Prendete sempre con le molle i tempi indicati. Questo possono variare moltissimo da un tipo di lavorazione ad un altro, dalle temperature di casa vostra, del frigo, dalla quantità di lievito usato etc. Prendete i tempi di riferimento della ricetta, ma poi verificate con mano, e occhi, quanto sta succedendo davvero, e poi regolatevi da voi. Dopo uno due tentativi, riuscirete a capire meglio quali sono I VOSTRI TEMPI, che esulano da quanto scritto in ricetta, che non potrà mai essere vero del tutto per voi, perché anche pochi gradi di differenza cambiano notevolmente tutto. Vedrete che anche con gli standard che raggiungerete, dovrete variare volta per volta (pensate solo alla differenza di temperature ambiente tra estete e inverno.) Per cui partite sempre da una base, ma poi regolatevi secondo come procede il processo globale. 
Altra piccola nota. Alcuni mettono del malto o zucchero nell’impasto. Se questo è obbligatorio nel caso di lievito secco, non lo è con altri lieviti, di norma. La sua presenza però, possibilmente nella forma di malto, oltre che per il lievito, può servire per dare un’impronta calda e brunita alla crosta del pane, quel marroncino che mette l’acquolina in bocca solo a guardarlo. Sarà una prova che farete con calma come una delle varianti che proverete nel tempo.
 

Cestino di lievitazione. 
Sembra una cavolata, ma un pane lasciato lievitare in una ciotola, avrà due difetti fondamentali. 1- rischiamo che nei movimenti di infornatura, lo prendiamo male e ci si appiccica sulle mani o altrove. 2- rischia di spanciarsi e risulterà un pane molto basso è appiattito. D’altronde non siamo fornai e non abbiamo quei lunghissimi teli di lino su cui poter far lievitare le pagnotte formate. Un cestino da lievitazione, col suo bel sacchetto di lino, è la soluzione ottimale. Si prenderà tondo od ovale a sencodna della forma preferita finale della pagnotta. Si spolvera di semola, si appoggia dentro la pagnottina formata, e si copre con altra spolverata di farina e poi con un canovaccio molto spesso e si lascerà a TA o a 25 gradi secondo ricetta, per la lievitazione. Quando sarà pronta, basterà capovolgere il pane sulla pala/teglia/pietra, fare due tre tagli veloci con lametta, per dare possibilità al pane di aspendersi, e infornare. Quale cestino preferire? Sicuramente con un telo di lino integrato. Tondo od ovale è una vostra scelta. Quanto grande? L’errore più come ad esempio è: faccio un pane da 500 g circa, quindi mi basta un 25 cm da 500 grammi. Errore. Il peso suggerito dal fornitore riguarda l’impasto, non il prodotto finale. Un pane al 60% di acqua avrà si 500 g di farina, ma anche 300 grammi di acqua, quindi pesa 800 grammi circa. Quindi meglio scegliere un 30 cm da 700/1000 grammi, che andrà comunque bene anche per 500 di impasto. Che cambia? Cambia che se l’impasto è ben fatto, non spancerà sulla pietra o teglia, quindi risulterà un pane molto alto, anche 12/13 cm. Identicamente buono e perfetto, ma forse meno classico e non la forma finale voluta. A voi le considerazioni 


 

Difetti e rimedi di panificazione

 

Tabella degli errori e rimedi
 
E ora una bella tabella trovata in rete, con elenco dei principali errori in cui si incappa, e le ralative soluzioni da provare : link
 
 

Come cuocere il pane

 E una volta che abbiamo finito la preparazione del pane, questo andrebbe cotto. Dove e come?

Anche qui qualche suggerimento

Il pane non ha bisogno di temperature altissime, anzi, si sta tranquilamente sotto i 250 °, anche meno

Ciò che importa, di norma, è che abbia una buona spinta iniziale, per consentire ai gas formatesi con la lievitazione di espandersi, cosi da formare una cosa morbida, tramite ciò che è chiamata "alveolatura" del pane.

Quindi qualnque sia il mezzo che usiamo, cerchiamo di far si che sia preventivamente caldo.

Se usiamo la teglia, il tegame in ghisa, o meglio ancora la pietra refrattaria, questa deve essere già calda. Il caldo iniziale deve portare l'interno del preparato il prima possibile sui 80-100 °, in modo che si abbia l'espansione appunto del gas, prima che si formi la crosta.

La crosta, perlomeno nei pani grandi, ma in vero anche nei panini, non dovrebbe mai essere lasciata integra, ma andrebbe sempre fatto qualche taglio ad hoc, con opportuna lametta o coltello iperaffilato.

Il taglio permette alla pasta sotto crosta di espandersi. Occhio, un taglio verticale, nel senso della lunghezza della pagnotta, tenderà a farla rilassare, cioè ad appiattirsi, quindi risulterà un pane più basso.

Tagli orizzontali, dritti o a fantasia, tipo croce, rosa, occhielli etc, lasceranno il pane integro, alto, e daranno vita a geometrie che poi, una volta dorata la crosta, saranno fantastiche.

Il forno andrebbe sempre umidificato. Mettere una ciotola di acqua sul fondo del forno mentre si scalda, spruzzare acqua sulla superficie del pane,  bagrnare eventuale carta da forno, son tutte ose che fan si che la crosta non si formi subito, che la pagnotta abbia il tempo di espandersi, e che il pane venga più alveolato. Questo per circa i prima 20 minuti di cottura, poi il forno dovrà essere asciutto per altri 20, e infine si abbasserà la temparatura aprendo un po il forno affinchè tutto il vapore dell'impasto esca e non umidifichi il prodotto.

Teglia

La teglia è il mezzo più comune per chi si approccia, ma ha i suoi lati negativi e processi da tenere in considerazione.

1- può essere utile usare una carta da forno, per evitare che l pane si attacchi alla teglia. Meglio ancora se bagnato; servirà ad aiutare a ritardare la formazione della crosta. 

2- Dopo i primi 20 minuti di cottura, togliere la teglia e appoggiare il pane sulla griglia, in modo che consolidi e perda vapore.

Tegame in ghisa o acciaio

Il tegame si usa presiscaldato e con coperchio (tutto per uso forno, niente plastiche). Dopo il primi 20 minuti si toglie il coperchio, successivamente può essere utile ma non inispensablle mettere il pane su griglia.

Pietra refrattaria
Avere in forno una pietra o solo una teglia cambia effettivamente il mondo. Il pane ha bisogno di passare subito in temperatura, in modo che i gas possano espandersi, PRIMA che si formi la crosta. Possiamo scegliere una pietra in cordelite da pizza, che assorbe l’umidità che esce dal pane, ma che sia almeno di 3 cm circa. Oppure ci si procura un paio di mattoni refrattari a pianella (30x15x2,5/3). Si pongono nel forno abbastanza bassi, e si preriscalda il forno. È necessario che questi arrivino bene a temperatura, e non bastano i tipici 20 minuti che servono al forno per scaldarsi. Quindi allungare il tempo di preriscaldamento almeno a 45’, meglio un’ora. Per fare un esempio, dopo 20 minuti circa, il forno è già a 210 gradi, ma la pietra sarà solo a 160. Se vi dotate di un termometro laser per verificare, sarete al top. 
Quando si accende il forno, si pone una ciotola o un tegamino con acqua dentro il forno. Io uso una piccola ciotola ovale da forno. Questo emetterà vapore, che farà sì che la crosta venga ritardata, e quindi il pane potrà espandersi senza diventare un mattone immangiabile. Dopo la prima infornata di 20 minuti la ciotola va tolta, perché ormai non gonfierà più, quindi deve cuocersi anche la crosta. Fare attenzione a togliere eventuali residui di farina della precedente cottura, perchè potrebbero bruciare annerendo il pane, formando uno strato di carboncino.

Tempi di cottura

A parte far riferimento alla ricetta specifica, si tendono a usare due tempistiche diverse a seconda del formato:
Panini, baguette e simili, pezzature di circa 300 gr, si fa una cottura unica, ci circa 25-35 minuti, comunque fino a doratura, sempre in ambiente umidificato. Temperatura secondo ricetta e prove
Pani da 500 gr in su: come già descritto più volte, un buon compromesso è il seguente:
- 20 minuti a 220-230 ° con vapore
- 20 minuti a 200° senza vapore
-10/15 minuti a 180° a forno con fessura aperta
Finito il tempo prendere il pane e battere sul fondo, deve suonare a vuoto, segno che la parte importante di acqua è uscita. Nel caso di dubbio, lasciare ancora nel forno semiaperto, temperatura 140-150 gradi (va bene anche spento perchè il caldo rimane intenso per altri 15-20 minuti) in modo da finire di farlo asciugare.

Poi, ricetta che fai, tempi e temperature che puoi sperimentare
 
Raffreddamento
 
Finita la cottura, tirato fuori il pane dal forno... va messo in posizione verticale, che sia di bordo o di punta, meglio su una griglia. Il forte calore del pane ancora fa uscire vapore, che deve volatilizzarsi e non essere riassorbito, o diventerà una massa molliccia. Lasciarlo in questa posizione almeno un'oretta, finche non lo sentiremo freddo o molto tiepido.



venerdì 13 gennaio 2023

Acqua, come usarla nella panificazione

L'acqua è solo acqua no? Beh si potrebbe dire di si, ma ciò non è del tutto vero per gli impasti.

E comunque ci sono regole su quanta metterne, su come metterla, a che temperatura etc. Regole al solito che hanno due aspetti, alcune sono un tassativo, altre vanno per esperienza, e ognuno deve scegliere ciò che più si adatta al suo modo di lavorare.

Quantità

La dose media per un buon pane alveolato va da 56 a 65%, quantità maggiori si usano per pani particolari tipo baghette o per pizze. 

A grandi linee possiamo dire che si passa dal pane sciapo toscano al 57,6%, ai pani normali col 60-65%, alle pizze al piatto tipo napoli sul 70%, per passare alle pizze in teglia in cui si lavora tranquillamente all'80%. Poi vabbe, ci son persone che arrivano al 100 o più, ma...se non volete buttare tutto non spericolatevi troppo, rimanete persone normali. Poi quando diventerete i migliori pizzaioli d'Italia, e avrete attrezzature più che idonee, allora sotto con il Guinness dei Record.

Ricordarsi che se si usano farine integrali va aumentata la quantità di acqua. 

Perchè cambia la quantità di acqua da mettere nell'impasto?
Perchè si debbono raggiungere morbidità specifiche, ottenere alveolature particolari, etc, dipende dal prodotto finale.
 
Tenere presente che un impasto “duro” (da biga, con lievito madre) produrrà una alveolatura molto fine e fitta. 
Un impasto “molle” cioè con idratazione superiore al 65%, avrà una alveolatura con bolle grandi e irregolari. Conviene comunque fortificare la ricetta con idratazioni più lievi, e poi aumentarle quando si è presa la mano.  
La temperatura dell'acqua va di pari passo con la lunghezza di maturazione prevista. Per impasti brevi useremo acqua tiepida, tipo sui 25/30 gradi, non tanto di più se no si rischia di inattivare il lievito. Per quello lunghi si usa acqua freddissima, anche di frigo volendo. Ma vedremo nello specifico più avanti
 
Un piccolo schema per essere più precisi
 

Partiamo dal tipo di pane che vogliamo ottenere:

  • per un pane asciutto: aggiungiamo all’impasto l’acqua in misura uguale o inferiore al 45% calcolata sul peso della farina;
  • per un pane morbido: aggiungiamo all’impasto l’acqua in misura dal 50% al 60% calcolata sul peso della farina;
  • per un pane molle: aggiungiamo all’impasto l’acqua in misura superiore al 70% sul peso della farina. Di norma dal 65% in su, sono idratazioni piu riservate alle pizze che non al pane
 
  • Ecco allora come fare per calcolare la temperatura dell’acqua

Teniamo presente che la temperatura finale deve essere tra i 25°C e i 28°C, ma si possono riassumere ancora una volta in 3 gruppi le tipologie di impasto in base alla loro temperatura media ottimale finale:

  • per un impasto molle: 27-28°C finali
  • per un impasto morbido: 25-26°C finali
  • per un impasto asciutto: 23-24°C finali

Un elemento da considerare che sia meno complicato? Abbastanza semplice e intuitivo.

Se l'impasto segue le varie fasi per una lavorazione veloce (impastamento, raddoppio del panetto, lievitazione di un paio di ore circa, cottura), allora meglio che il tutto si aggiri su temperature sopra i 25, possibilmente non superiori a 35.

Se è un impasto a cui seguirà una lievitazione lenta macomunque veloce (tipo ento le 5 ore), alora meglio cercare di stare entro i 25-26 gradi.

Se è un impasto che finirà in frigo, è bene che questo non inizi la vera lievitazione, perchè dovrà prima subire la maturazionedello stesso, suindi se si rimane sotto i 24 e anche meno, ancor meglio 

Ehm, suggerimento: se siete in estate, e l'acqua esce bollente anche dal rubinetto, prelevate ciiò che vi serve in una caraffa e mettetela in frigo il tempo necessario.

Perchè? Perchè se è un impasto breve, non far scendere la temparatura eviterà che la lievitazione si blocchi, se è un impasto lungo è bene che la lievitazione non parta subito, ma rimanga abbastanza sopita, cosi lo stesso può maturare con calma, lasciando la lievitazione vera e propria solo alla fine

Dobbiamo calcolare solo la temperatura dell’acqua?

Certamente no, perché la temperatura finale dell’impasto è determinata sicuramente da quella dell’acqua, ma anche dalla temperatura dell’ambiente nel momento in cui state preparando il pane; da quella degli altri ingredienti; da quella della farina e dal calore dell’energia impiegata per l’impasto ovvero il calore delle nostre mani o delle impastatrici.

Allora fermiamoci ancora un istante prima di vedere la formula per calcolare l’acqua e vediamo quanto incide l’energia impiegata nella lavorazione:

  • se impastiamo a mano: aggiungiamo da 1 a 3°C all’impasto
  • se impastiamo con la spirale: aggiungiamo da 9 a 11°C all’impasto
  • se impastiamo con la forcella: aggiungiamo da 3 a 6°C all’impasto
  • se impastiamo con la braccia tuffanti: aggiungiamo da 1 a 3°C all’impasto

Adesso abbiamo tutti i parametri che ci servono 

per calcolare la formula per avere la temperatura ottimale dell’acqua 

  1. verifichiamo la temperatura ottimale dell’impasto in base al pane che vogliamo produrre (esempio impasto molle) = 28°
  2. moltiplichiamo per 3 = 84
  3. sottraiamo la temperatura dell’ambiente presente al momento (es. 28 dato che in questi giorni fa molto caldo) = 56
  4. sottraiamo la temperatura della farina (misuriamola ogni volta, es. 27) = 29
  5. sottraiamo la temperatura dell’energia prodotta (es. io uso la planetaria con spirale e terrò presente del valore 14 perché gli impasti molli richiedono più tempo per assorbire tutta l’idratazione prevista) = 15

La temperatura che l’acqua deve avere in questo specifico esempio è quindi pari a 15°C

 

Quindi ricapitolando:

moltiplicate per 3 la temperatura ottimale dell’impasto indicata nella ricetta; 

sottraete la temperatura dell’ambiente; 

sottraete la temperatura della farina;

sottraete la temperatura dell’energia prodotta nella lavorazione.

 
Assicuro comunque che dopo le prime prove capirete da soli quanto essere pignoli nelle varie determinazioni.
 
Controllo del ph dell'acqua e della durezza dell'acqua

Alcuni perfezionisti, tutti ovviamente professionisti che tendono ad ottenere il meglio del meglio, misurano tutto, pure il ph dell'acqua, poi da correggere con vari metodi. Noi poveri pasticcioni sinceramente, per un pezzo di pane o quattro pizze, non abbiamo questa necessità di ottenere il massimo del risultato. Ma se proprio volete conoscere anche questo.. leggete i siti dei professionisti. Qui siamo in "pasticcioneria"
 
La durezza dell’acqua. Questa è invece una cosa che non sarebbe male conoscere, ma basta testarla una volta che poi rimane sempre uguale.
Partiamo dicendo subito che l'acqua migliore per impastare deve avere una durezza (contenuto di calcare) mediamente tra i 10 e 20 F (gradi francesi)
Ogni casa ha la sua, derivante da addolcitori o dalla linea diretta del comune. Di norma abbiamo acqua dolce dagli addolcitori, di circa 10-15 F’ (gradi francesi), a quelle del comune che hanno di norma valori più alti, sui > 20 F e più. Considerate che un’acqua troppo dolce restituisce un impasto più appiccicoso, mentre una troppo dura restituisce un impasto poco malleabile. 
Come prima cosa bisognerebbe conoscere i propri valori, o cercare di capirlo dai risultati. Volendo si può ovviare prendendo quella in bottiglia. Ma quanti gradi ha l’acqua in bottiglia? Guardate il valore del residuo fisso. Valori di 100 mg/L corrispondono a 10 F, 200 a 20 F e via dicendo. 
Però si può anche ovviare a questo, utilizzando delle piccole aggiustature. Nel caso di acque dolci, cioè inferiori a 10 F, si può diminuire l’idratazione. Se superiore a 20F si può aumentare il lievito, o aggiungere del malto o zucchero, o usare farina maltata. Ovviamente se siete tra 10 e 20 è perfetta così. 
 
Come aggiungere acqua all'impasto

Qui ci sono due scuole di pensiero.
 
Una prevede che tutta l'acqua debba essere aggiunta alla farina, tutta o a parti aggiunte, e miscelare fino all'iincordatura. (NB: sale e olio, se previsti, andrebbero sempre aggiunti molto verso la fine dell'impastamento. Risulta molto sbagliato aggiungerlo assieme al lievito in quanto rischia di sterilizzarlo)
 
L'altra scuola prevede l'aggiunta in fasi.
Si calcola l'acqua totale da aggiungere e si tolgono le quantità già presenti in eventuali bighe, o lieviti madri etc, ottenendo l'acqua libera da aggiungere.
(es: se la ricetta prevede il 60%, abbiamo 1 kg di farina, sono 600 grammi di acqua. Se usiamo una biga fatta con 100 g di acqua, questa va tolta ai 600 totali. 600-100=500)
Si miscela farina e lievito (se questo non viene sciolto in parte dell'acqua da aggiungere)
Si dosa la quantità di liquido da aggiungere, e se ne mette circa un 10-15% da parte, meglio in un gocciolatore, tipo la bottiglietta del ketcup. Es 600 totali, se ne toglie 60 circa, 700 totali, ne togliete 70
Un primo 60% (misura orientativa, non c'è bisogno di essere precisi) si aggiunge subito (se si usa una impastatrice, andrà sparsa su quanta più superficie possibile, e non localizzarla in un solo punto). Quanto l'impasto comincia ad avere una consistenza e comincia ad ammassarsi (circa 7/10 min), si aggiunge il residuo, lasciando i 50 finali da parte.
(Es 600 grammi totali, 50 messi da parte=550. 550x60%= 340 grammi circa da aggiungere subito, 210 dopo una decina di minuti circa)
Si aspetta la formazione della zucca (dai 10 ai 15 minuti circa).
Quando è formata la zucca si può testare velocemente la consistenza con un dito o si guarda se ha un aspetto asciutto o molliccio. Se non appiccica molto si procede col residuo dei 50 ml, se appiccica molto, onde evitare una smontamento della zucca stessa, ci si può fermare per 5/15 minuti affinché l’umidità venga ben assorbita.
Quindi si riparte con l'impastamento aggiungendo i rimanenti 50 ml proprio a filo, poche gocce per volta, senza smontare l’impasto, versandolo sulla parete della ciotola e non sopra l'impasto.
Altra modalità molto consigliata, soprattutto per le alte idratazioni (dal 60 in su), è mettere da parte il solito 10% (dai 50 ai 80 ml circa), e aggiungere tutta insieme all'inizio il grosso del quantitativo. Tenete presente che con questa modalità è una buona farina, in 5-8 minuti avremo già la prima zucca, seppur informe. Aspettare qualche altro minuto che finisca di legare bene prima di aggiungere l’ultima parte di acqua