venerdì 23 dicembre 2022

Burro fatto in casa

 Se siete amanti del burro per qualche preparazione dove la differenza di sapore è fondamentale, tipo che so, crostini al salmone, pane e marmellata, cosa c’è di meglio di fare in proprio il burro? Meglio ancora nella sua varietà salata. 

Ingredienti: panna fresca, di quelle liquide in bottiglia, niente scatolette o versioni zuccherate

Strumenti: frusta, sbattitore, planetaria. Van tutti bene, cambia solo il tempo di esecuzione

Tempo di formazione: circa 15 minuti. Processo completo 20 minuti

Sale: dai 2 ai 2,5 g per ogni bottiglia da 1/2 litro di panna

Prodotto: dipende dal grasso contenuto realmente nella panna, mediamente si ottengono circa 210 grammi di burro

Durata e conservazione: sia a temperatura ambiente che in frigo. Dovrebbe durare sui 2 mesi circa, io purtroppo lo finisco sempre troppo velocemente, quindi non saprei. La scadenza è data dall’ irrancidimento del burro, dovrebbe diventare molto giallo, secco, e cambia sapore notevolmente. Non uccide, fa solo schifo. 

Procedura: raffreddare ciotola e panna in modo consistente. Viene lo stesso, ma più e freddo il tutto prima condensa. 

Cominciare a sbattere violentemente come per montare la panna. Usare la frusta (anche con sbattitore o planetaria).

Quando è montata continuare senza smettere. In pratica va fatta impazzire. Se usate la planetaria, dato che tenderà ad attaccarsi alle pareti della ciotola, montare la foglia appena la panna è montata. Orientativamente sui 10-12 minuti il composto comincia a diventare granuloso e giallognolo. Continuando a sbattere il grasso si separa in fiocchi e il siero deposita. Il siero non è altro che latticello, ottimo da usare entro un giorno al posto del latte nelle ricette di dolci che lo prevedono. 

Quando si è formato il latticello, spostate il tutto su un colabrodo molto fitto. Il latticello colera, mentre il burro rimarrà sopra. Girarlo e spremerlo. Rimetterlo nella ciotola e aggiungere 1 litro di acqua fredda. Sbattere di nuovo per un minuto, il tempo di sciacquare il tutto. Ricolare di nuovo l’acqua. Ripetere il lavaggio un’altra volta. 

A questo punto, girando opportunamente il burro, cercare di scolarlo il più possibile. 

Se si fa la versione salata, stenderlo su un piano plastico o siliconato, o farlo a piccoli pezzetti, spargere bene il sale, e miscelare bene il tutto. Ps: per tutte le operazioni usate dei guanti, lattice o nitrile altrimenti si attacca alle mani. 

A questo punto abbiamo finito. Si può fare a cilindro e metterlo su carta da forno, oppure usare una ciotola di plastica o vetro da congelatore con tappo ermetico. 

Buon appetito








domenica 18 dicembre 2022

Conservazione del pane

 Abbiamo ottenuto il nostro bel pane, e ora vogliamo che ci duri almeno per qualche giorno.

E' un pane salato? Diceva il buon Dante, dalla bocca di Caronte: "non sperate di veder lo cielo". Un pane salato, tipo frusta, baguette, rosetta, è splendido per il sapore, ma ha una durata in consistenza e croccantezza davvero limitata; a volte non raggiunge nemmeno il pasto successivo.

E' un pane sciapo? o di grano duro? Beh in questo caso, pur perdendo parte della croccantezza e un po di profumo, potreste anche raggiungere una settimana senza grossi problemi.

Però va conservato al meglio.

Il pane da conservare deve mantenere "parte" della sua umidità, per rimanere mangiabile, ma non in modo eccessivo, perchè altrimenti si rischia la muffa. E se la perde, otterremo solo pane secco da macinare per fare polpette e simili.

Il sistema più rapido ma di durata più breve, è lasciando il pane dentro il sacchetto di carta fornito dal fornaio. Non raggiungerà la settimana, ma due o tre giorni riesce a farli.

Il miglior sistema di conservazione è che questo venga avvolto in un canovaccio, che assorbirà parte dell'umidità in uscita, mantenendolo nelle giuste condizioni, ne troppo umido ne poco; purchè.... purchè questo venga poi messo in un sacchetto di plastica esterno, proprio per evitare che l'umidità passi il panno e si dissolva nell'aria. In commercio ci sono dei sacchetti in tessuto, meglio in lino piuttosto che di cotone, con tanto di coulisse per chiuderlo meglio. Addirittura ne esistono a più strati, con tessuto dentro e plastica fuori. Sembra che funzionino bene. Io preferisco sacchetto indipendente e sacchetto di plastica da alimenti fuori, separato. L'uno o l'altro può essere cosi lavato, pulito, sostituito se serve.

Non scegliete sacchetti troppo piccoli che potrebbero poi risultarvi insufficenti; una dimensione sui 30x40 già è un buon compromesso. Poi, regolatevi secondo che uso dovreste farne

Congelamento del pane

 Abbiamo dei problemi con l'impastatrice, che non ci permette di fare piccoli impasti

Abbiamo la necessità di avere un impasto pronto da scongelare ad orario e poter infornare nei tempi che ci rimangono più comodi

Abbiamo cotto tutto l'impasto creato, ma improvvisamente, o volutamente, è troppo e rischia di seccarsi o ammuffisri prima di poter essere consumato.

Possiamo congelare qualcosa, in che fase e con che tempi?

Si, si possono adottare tante soluzioni diverse


Congelare l'impasto

Prendiamo il nostro impasto, facciamogli eseguire la maturazione, formiamo le pagnotte, e inseriamo quelle eccedenti in congelatore, possibilmente usando contenitori sigillabili da congelatore (tipo le vaschette per alimenti classiche)

Scongeleremo in frigo per circa 12 ore, oppure a temperatura ambiente per 2/4 ore, dipende dalla grandezza e dalla temperatura ambiente. Poniamo il pane nel cestino di lievitazione e attendiamo il tempo classico di lievitazione. Teniamo presente che a meno di molto caldo, avrà bisogno di un po di tempo in più. Ognuno farà la sua esperienza secondo il suo ambiente, pezzature e modo di lavorare.

Qualcuno suggerisce il microonde, ma forse può andr bene per dei piccoli panini, ma non per belle pagnotte. Lo scongelamento del miscroonde, tende ad essere più forte all'esterno che all'interno, facendo cosi partire la lievitazione fuori, mentre dentro è ancora gelato o peggio, congelato. Inoltre fa uscire dal pane molto liquido, cosa che potrebbe impasticciare tutto. Se pensate di usare questo metodo, vi consiglio di fare delle prove e verificare cosa vi riesce a combinare.

Congelare il pane

Fare il pane a fette. Se un po umido, meglio farlo congelare in un vassoio e poi riunire le fette. Altrimenti, e comunque, ponete le fette in un sacchetto di plastica e chiudetelo bene.

Per scongelarlo basta tirare fuori le fette necessarie, diciamo al pasto precedente, senza lasciarle troppo appiccicate tra loro, e lo avrete come fresco al pasto successivo. Attenzione perchè tenderà a seccarsi un po prima, dato che il congelamento fa perdere parte dell'umidità presente.

Avete tirato fuori le vostre fette ma non bastano? Ok, qui può essere utile il microonde. Mettete le fatte sulla griglia, non sovrapposte, e impostate uno scongelamento basso, tipo 100-180 watt, per due tre minuti (verificare). Il pane sarà bello caldo e croccante. Però...durerà solo per il tempo del pasto, perchè se avanza, troverete un mattoncino al asto successivo.

Fragolino (e vini in genere)

Creare un vino....arte millenaria con mille risvolti diversi, ma con mille varianti diverse, una per ogni vino esistente, ma con delle regole generali di base quasi uniche per tutti. NB: esistono siti ben più specializzati ed esperti di questo, diciamo semplicemente che ho scritto ciò che io ho capito, ma che soprattutto faccio da ormai qualche anno, tra esperimenti ormai consolidati, altri in continuo apprendimento.

Ma partiamo subito. Vini. Ne esistono di bianchi, rossi, rosati, da pasto, da antipasto, da pesce, leggeri, corposi, fermi, frizzanti, dolci, spumanti etc. Per ora ho iniziato ..con il più semplice, direte voi. No affatto, col più complicato, cioè col cosiddetto Fragolino, cioè prodotto utilizzando appunto l'uva fragola....la più contestata di tutte.

L'uva fragola è un tipo di uva particolare, nota anche come uva americana nata da un incrocio di uva americana appunto, ed europea, con poco grado alcolico, e un sapore marcato di fragola, appunto. La sua caratteristica principale, è che la pianta non è soggetta a nessuna delle malattie che ammorbano le altre specie, tipo la fillossera, resiste al freddo, all'azione di insetti e parassiti. Tanto è, che ad oggi ogni vitigno esistente, viene innestato nella radice di questa specie. Allo stesso tempo è un vitigno che puoi strapazzare come vuoi, potare a cavolo come vuoi, ma lui resisterà sempre, e a meno che non lo estirpi, troverà sempre il modo di sistemarsi a modo e ricominciare a vivere e produrre. E ogni anno la sua produzione ha dell'incredibile, quantitativamente parlando. Una piccola nota storica. Introdotta in Europa all'incirca nel 1500, secondo tradizione, portata niente di meno che da Cristoforo Colombo. SI sviluppo moltissimo a causa della sua malleabilità, ma creò uno....scostamento economico rispetto ai vitigni indigeni, che producevano vini nobili di ben altra struttura e consistenza, ma con difficoltà produttive enormi. Tanto che, nel 1931, venne emanata una legge che impediva la vendita del vino prodotto con tale vitigno. Vendita pubblica, ma non produzione ne vinificazione in proprio.

Un problema reale del fragolino è la possibilità di produrre alcol metilico, come sappiamo altamente tossico. Studi continui hanno identificato come responsabile unico il raspo della vite. Significa che se il raspo viene allontanato dalla vinificazione, il rischio metanolo non esiste. O meglio, a onor del vero, ne rimane una quantità residua proveniente da bucce e vinaccioli, ma molto piccola e al di sotto di limiti pericolosi, e ciò perchè essendo un vino a bassa gradazione e a bassa fermentazione, non si farà macerare il mosto per lunghi periodi come per i nostri vitigni, ma solo per pochi giorni. Inoltre il fatto che verrà forzato il tenore alcoolico dello stesso, fa si che non viene utilizzato come un vino da pasto, ma solo come un vino da dolce, o fine pasto, o meglio ancora...come il miglior accompagnatore delle caldarroste. Quindi la possibilità di assumere quantità importanti di metanolo è assolutamente da scartare.

E cominciamo co gli aspetti generali, per poi addentrarci nei particolari dello specifico.

Le uve. Le uve, tutte, andrebbero raccolte nel loro momento di maggior maturazione. Ciò cambia moltissimo a seconda del vitigno, partendo dagli ultimi di agosto, avendo la maggioranza delle specie che maturano tra settembre e ottobre, e arrivando alle specie che vengono raccolte molto tardive, novembre e dicembre. Alcune poi si aspetta che congelino sulle piante, tipo a -7/-8, prima di essere lavorate. Altre poi, soprattutto per i passiti, vengono raccolte e appese ad essiccare in casa, e lavorate solo quando saranno ben appassite.

Principio generale: meno matura è l'uva, più acido sarà il risultato, meno zucchero sarà presente, più acqua sarà ancora contenuta nel chicco, meno gradi alcolici saranno raggiunti. Occhio però  non esagerare, perchè se è vero che più avanti si raccoglie, più zucchero si ottiene e quindi più alcool, è anche vero che passato il momento giusto di maturazione, si cominciano a perdere alcune caratteristiche degli oligofenoli, quindi sapori classici, con l'instaurarsi di altri. Questo fattore può essere una perdita o un vantaggio cercato, dipende moltissimo da cosa poi dovremo ottenere, e solo l'esperenza o l'aiuto di enologi o altri coltivatori potranno farci prendere la decisione migliore.

Più sarà matura più sarà tutto il contrario. Ogni vino che si intende produrre ha le sue regole e disciplinare, quindi i tempi varieranno moltissimo e saranno tutti legati al risultato finale da ottenere. Inoltre c'è da considerare le zone di produzione, nel loro microclima. Esistono zone piovose, che indurranno a raccogliere prima, sia per evitare che i chicchi siano zuppi di inutile acqua, sia ad evitare l'insorgenza di anomalie tipo muffe o parassiti che potrebbero mandare tutto a monte. Al contrario, zone calde e soleggiate, avranno una raccolta molto più avanzata, molto più zuccherina, e con risultati di vini molto più forti e strutturati. Due esempi: un Pinot triestino e un Nero D'Avola siciliano; due vini ottimi ma con strutture totalmente diverse.

Per ciò che riguarda il fragolino, cercheremo di raccogliere più avanti possibile, tipo metà, fine novembre, tenendo pero conto del periodo climatico, evitando di raccogliere immediatamente dopo una serie di piogge.

L'uva cosi raccolta deve subire una serie di passaggi che sono praticamente simili per tutte, tranne le varianti messe in atto appositamente per il particolare tipo di vino che andrà prodotto. Elencherò le varianti principali, per poi soffermarmi nello specifico del fragolino, lasciando ad ognuno le sue ricerche in merito al vino specifico.

FASI DELLA VINIFICAZIONE

Diraspatura e pigiatura

Fermentazione alcoolica

Misurazione zuccheri nel mosto

Svinatura

Fermentazione maleolattica

Travasi e imbottigliamento

Diraspatura e pigiatura 

I grappoli raccolti devono essere controllati e ripuliti da chicchi macerati, malati, ammuffiti. Nel caso di grosse produzioni ci si accontenta di una pulizia di massima fatta in raccolta, per poi azzerare microrganismi diversi prima della fermentazione utilizzando dei disinfettanti appositi (solfiti). Se la quantità è modesta, conviene ripulire grappolo per grappolo. Vengono allontanate foglie, insetti, e raspi, utilizzando solo il chicco. Nei processi industriali vengono utilizzate apposite presso diraspatrici, che tolgono il raspo e schiacciano il chicco.

Fermentazione 

 Il mosto cosi ottenuto viene messo in fermentazione, e qui c'è già la prima differenziazione a seconda di cosa si vuole ottenere. Ricordo che si ottiene vino bianco anche da uve rosse, cambia solo ciò che viene descritto di seguito.

Vino bianco: dopo la pigiatura, le vinacce vengono subito allontanate eseguendo immediatamente la torchiatura, e farla seguire dalla fermentazione alcoolica.

Vino rosato: per questo si fa una vendemmia leggermente anticipata, ricercando un gusto leggermente più acido. Dopo la pigiatura, segue due strade possibili. La più comune è lasciare vino e vinacce a fermentare per un massimo di due giorni, poi torchiare, e far seguire la fermentazione in bianco. L'altro sistema, chiamato salasso, consiste nel separare una piccola parte di mosto a cui si farà seguire la fermentazione in rosso, mentre l'altra sarà trattato con fermentazione in bianco, Alla fine i due prodotti saranno riuniti, formando appunto il rosato. Questo secondo metodo viene considerato come meno nobile (champagne Rosè).

Vino dolce: il mosto vien fatto fermentare con le vinacce per pochi giorni, da 4 a 6 giorni soltanto, in quanto si deve salvare parte della base zuccherina, che non dovrà diventare alcool.

Vino rosso: a seconda  del corpo finale del vino, dell'invecchiamento che dovrà subire, la fermentazione con le vinacce deve andare da 5 a 40 giorni.

Durante questa fermentazione, avviene la trasformazione dello zucchero in alcool.

Tanto più sarà lo zucchero presente tanto più grado alcoolico otterremo.

Altri aspetti che modificano la fermentazione:

Pulizia dei contenitori e attrezzatura: è opportuno quasi sterilizzare ogni elemento che usiamo, onde evitare l'introduzione anomala nel processo, di qualsiasi elemento che potrebbe mandare tutto all'aria. Esistono prodotti appositi, con cui semplicemente lavare le attrezzature, e poi sciacquare con cura.

Uso di solfiti (metabisolfito di potassio unito con acido ascorbico): serve a sterilizzare i batteri naturali e lascia spazio ai lieviti "artificiali". Si usa soprattutto quando le uve non sono perfette e potrebbero inserire in processo dei lieviti o muffe non buone. Non obbligatorio.

Uso di lieviti: sono lieviti naturali ma usati appositamente per una buona e veloce fermentazione, tipo il Saccharomyces Cerevisiae, che si possono utilizzare assieme ad attivatori specifici. Fanno si che la fermentazione avvenga con velocità regolarità, senza produzione  di elementi anomali

Temperatura: ogni vinificazione ha la sua temperatura ottimale di processo, da verificare e controllare sia in mancanza che in esubero. 

1-Vini dolci o rossi 24°-30°, e non deve assolutamente superare i 30°. Se inferiore si ferma, se superiore si sterilizza. Di norma o si ha il locale attorno ai 20°, o vengono usati sistemi di riscaldamento. Per frenare invece la temperatura alta, si usano serpentine che girano attorno al contenitore e nel mosto, in cui scorre acqua raffreddata. 

2-Vini bianchi  18°-21°

I contenitori in questa fase devono essere coperti ma non sigillati, in quanto deve avvenire scambio e apporto di ossigeno. 

Rimontaggio

Durante ogni tipo di fermentazione con vinacce, si forma alcool e anidride carbonica. Questa tende a far galleggiare le vinacce creando più calore al mosto, e inoltre vanificando la presenza delle vinacce nel mosto stesso, dato che le allontana. Quindi è indispensabile che almeno due tre volte al giorno si esegua una miscelazione della parte liquida del mosto con quella solida. Per grossi quantitativi esistono anche delle pompe apposite, che prelevano il mosto dal fondo del contenitore, e poi spruzza sopra le vinacce. Questo sistema serve anche per raffreddare eventualmente il fermento.

Misurazione zuccheri nel mosto

 Appena abbiamo finito di preparare il mosto coi suoi componenti, va fatta la misurazione dei gradi zuccherini, e verificare se il grado alcolico finale si attesta su quanto previsto di produrre. Esistono dei densimetri ottici molto precisi e assai poco costosi, che attraverso diversi tipi di gradazione, ma tutte equivalenti, ci dicono quanto sia lo zucchero presente, e quanto ci si aspetta di alcool potenziale. Se il vino dovesse risultare troppo scarso, si può utilizzare del mosto concentrato apposito, nella misura di 3l/hl, che aumenterà il grado zuccherino e relativo risultato alcoolico. Nel vino da vendere è vietato usare sistemi "casalinghi" tipo aggiunta di zucchero da cucina, ma se abbiamo una produzione casalinga, destinata ad uso privato, e di volume limitato, possiamo anche chiudere un occhio e aggiungere, facendolo sciogliere prima con parte del mosto, un po di tale zucchero.

Da tener presente un particolare che poi vedremo meglio in dettaglio: nei vini dolci, va lasciata una parte di zucchero presente, che darà appunto il sapore dolciastro finale del vino stesso.

Dunque: la fermentazione spontanea si arresta se:

1- il grado alcoolico raggiunto supera i 16.5°

2-il vino viene microfiltrato per eliminare i fermenti

3-si usano sistemi di pastorizzazione

Se in una produzione industriale si useranno sistemi più naturali possibile, o più dispendiosi, diciamo, in una produzione minima casalinga conviene decisamente scegliere il far raggiungere velocemente il grado alcoolico necessario. Quindi si puo non lesinare nello zucchero aggiunto, che tanto poi andrebbe reintrodotto alla fine del processo, oppure se non sono proprio solo 10-20 litri in tutto, si può eccedere col mosto concentrato. L'alcool raggiungerà brevemente il grado previsto (4-6 giorni), la fermentazione si ferma, e si può procedere con la maleolattica oppure passare direttamente alla chiarificazione. Se a prescindere non si è raggiunto il grado alcoolico necessario, solo in ambito casalingo, si può aggiungere alcool etilico da cucina fatti gli opportuni calcoli.

Svinatura

Quando il processo di fermentazione si ferma, a seconda del vino che abbiamo in produzione, si puo passare alla torchiatura (nel caso di mosti con vinacce) o meno. E' bene non esagerare con la spremitura, dato che alla fine escono più che altro rifiuti solidi (feccia) che poi andranno filtrati e rimossi, che vino. Darsi una regolata.

Il vino subisce una prima filtrata di sgrossatura, da eseguire con panni, teli di tessuto non tessuto, o usando apposite pompe dotate di filtri che hanno diverse porosità, a seconda della filtrazione che stiamo eseguendo.

Fermentazione maleolattica

Il vino di risulta  viene inserito in contenitori che possono essere sigillati (botti di acciaio, cemento, damigiane etc). Precisando che anche qui ci sono decine di metodiche diverse a seconda del tipo di vino, genericamente si procede cosi: sul tappo va inserito un gorgogliatore, che non è altro che una specie di bicchiere con un piccolo tubo interno, che collega il contenitore con l'esterno, sfogando in una campana immersa normalmente in semplice acqua, e che servirà per far uscire i gas che si formano, ma che impedirà all'aria, quindi all'ossigeno, di entrare. La fase successiva che avverrà avviene in assenza di ossigeno, che sarà prontamente consumato dal mosto, è la fermentazione maleolattica, cioè la trasformazione dell'acido malico, amaro, in acido lattico, più amabile, produrrà CO2, che andrà cosi a saturare l'aria presente.

Questa fermentazione permette al vino di prendere corpo, diventare più rotondo, più gustabile, arricchendosi di tanti elementi gustativi. A seconda del vino: chi la fa, chi la salta, chi imbottiglia direttamente post filtrazione......... di sicuro è opportuno che nella norma venga fatto questo passaggio, per far pulire il vino da tutti i residui solidi formati o che si formeranno, effettuando opportuni e successivi travasi. Il contenitore deve essere ben pieno e con meno aria possibile. Nel caso ci fosse troppa aria, per non correre rischi, meglio mettere una pasticca antifioretta. La pasticca in questione non è altro che paraffina con sesamo, che si scioglierà pian piano e coprirà la superficie del vino, impedendo la fioretta e successiva acetificazione. Se ne usa una da 20 a 200 litri di vino. Eventualmente proporzionare.

Però attenzione, affinchè si inneschi la fermentazione maleolattica, dovranno ricorrere alcuni elementi: tenore di alcool inferiore ai 15°, temperatura di cantina sui 18-20 gradi, assenza di ossigeno, vino non sterilizzato con extrafiltrazione o con metabisolfito.

Quindi, una volta finita la fermentazione alcoolica, la sosta nei diversi contenitori, serve soprattutto per la pulizia del vino da tutti gli elementi sospesi. Per questo si effettueranno i travasi di cui al seguito. In primavera poi comincerà la maleolattica, evidenziata dell'inizio di produzione di CO2 sotto forma di bollicine dal gorgogliatore. Se questa è cercata, ma non ottenuta, si possono aggiungere lieviti appositi, tipo Oenococcus ocenii. La maleolattica, fatta con opportune sequenze e contenitori, fa si che si ottengano sapori particolari nella maturazione e invecchiamento del vino. Ma anche sull'aggiunta dei lieviti per la maleolattica esiste tutta una scuola di azione, con tempi ben diversi a seconda del vino da produrre. C'è chi li aggiunge già con la fermentazione alcoolica, chi durante, chi alla fine, chi in primavera.

Se non serve che avvenga, si otterrà un vino giovane, fermo o frizzante, e anche i dolci ne fan parte.

Filtrare ad alti livelli il vino, significa fermarlo, sterilizzarlo, pulirlo, lucidarlo.

Aggiungere elementi zuccherini e imbottigliare, produrrà vini dolci e frizzanti (occhio all'uso di bottiglie idonee a seconda di cosa vien prodotto).

Travasi e imbottigliamento

 Ogni 20-30 giorni è opportuno togliere il vino dal contenitore, e travasarlo in un altro.

Il tutto va fatto con dolcezza, onde non riportare in sospensione le particelle solide, e facendo prendere meno aria possibile al vino. Ciò può essere evitato se si possiede una pompa filtrante, dato che penserà questa alle funzioni di defecciatura, nonchè di brillantezza di vino finale.

A fine primavera, come minimo, si procede al trasferimento finale in bottiglia.

Qui va deciso se rimettere di nuovo dei solfiti, onde evitare una eventuale rifermentazione in bottiglia. Le bottiglie cosi preparate vanno tappate con tappi di sughero paraffinato, o quelli siliconati, o tappi in plastica. Per vini dolci che potrebbero rifermentare un po, o a cui è stato aggiunto l'ultimo zucchero, è meglio optare per una bordolese, nel caso di vini molto frizzantini, meglio usare una champagnotte, più spessa, per un fermo va bene anche la mantovana. Verde per i rossi, verde scuro per rossi importanti, bianca per i bianchi.

Anche per i tappi esiste una scelta: per i fermi va benissimo sughero, per i frizzanti che devono sopportare la pressione, meglio uno in plastica con gabbietta.

Le bottiglie poi possono essere etichettate, riposte possibilmente reclinate, e il più possibile al buio. 

I bianchi di solito devono essere consumanti entro uno-due anni, i rossi morbidi entro tempi ragionevoli, i rossi importanti con molto corpo, possono essere anche invecchiati per parecchi anni. Occhio a non esagerare, siate sicuri della stabilità del vostro vino, perchè non è impossibile che se fate invecchiare troppo un vino debole, non vi ritroviate a stappare una bottiglia di.....aceto sopraffino.

 

Elementi di lavorazione CASALINGA del fragolino

Ed eccoci a come produrre il fragolino, dopo un rapido e incompleto escursus sulla vinificazione in genere.

Uva: raccogliere il più tardi possibile, tipo metà fine novembre, possibilmente non subito dopo una serie di piogge.

Se proprio necessario, dare una sciacquata veloce, cercando di sgrondare bene l'acqua residua. Se possibile evitare.

Eliminare ogni acino di uva compromesso, ogni acino eventualmente non maturo, e ogni raspo.

Pigiare gli acini cercando di spappolarli al meglio

Inserire in contenitore chiudibile (es scatola di plastica), miscelare il tutto a controllare i gradi con mostimetro. Il tenore di alcool probabile deve superare i 16.5°.

Se non si arriva a questo quantitativo, si può scegliere tra l'aggiungere zucchero, o aggiungere alcool a fine dei 6 giorni per stoppare la fermentazione. (se avete un quantitativo importante, ma considerate l'idea di usare il mosto concentrato. A parte che è più naturale come scelta, non preoccupatevi di esagerare col mosto, perchè tanto il risultato finale DEVE essere dolce.

Possibilmente tenere il contenitore al caldo, non è male usare un sistema termostatato con sonda, che applica calore tenue ma costante al fine di raggiungere una temperatura di esercizio di 25-28 gradi.

Al mosto cosi preparato va aggiunta una quantità giusta di metabisolfito (60 mg/l) con acido ascorbico (enologia, farmacia) proporzionata con il peso del mosto. Questo servirà a togliere di mezzo batteri non voluti e accidentalmente entrati in produzione, che potrebbero alterare il vino.

Allo stesso tempo si aggiungono i lieviti, sempre proporzionali al quantitativo, e si miscela il tutto molto bene.

Una nota sugli zuccheri. Un vino amabile, cioè non estremamente dolce, contiene dai 30 ai 50 g/l di zucchero

Con la misurazione dei gradi brix, o badoo etc, si hanno i grammi presenti (1 grado brix = 1 kg, zucchero su 100 l di mosto, cioè 10 grammi/litro).

Per alzare 10 gradi Brix, cioè 1 grado alcoolico, occorreranno all'incirca 1,7 kg/hl di zuccheri per i bianchi, e 1.8 per i rossi.

Gli obiettivi? Avere almeno 16.5-17 gradi alcoolici finali per bloccare la fermentazione, e tanto zucchero residuo per rendere dolce il vino, e seconda della dolcezza da ottenere.

E qui vanno fatti dei calcoli.

Quanti gradi ho di partenza, quanti me ne occorrono per arrivare al grado alcolico, quanto è il volume del mosto. Poi ci sarebbe la quantità di zucchero finale da lasciare interrompendo la fermentazione alcoolica. Teniamo presente che l'obiettivo per adesso è raggiungere la gradazione alcolica, per quanto riguarda la parte zuccherina, si fa anche in tempo a riaggiungerla al momento dell'imbottigliamento, nel caso non ne fosse rimasta a sufficienza.

Un piccolo ragionamento extra. In Italia, Grecia, Spagna e Portogallo è vitata l'aggiunta di zuccheri al mosto. Germania e Francia invece è permesso. Cosa cambia? Assolutamente nulla. Il saccarosio, che sia dell'uva, da barbabietola o canna è tutto identico. Il problema nacque nel 1918, quando venne fatto un regio decreto che obbligava a mettere solo mosto proveniente dalle regione del sud, cioè una mera operazione commerciale. Ora, se nel discorso zucchero non cambia nulla, può cambiare un tantinello nel discorso sapori, dato che i mosti forti del sud apportano anche, appunto sapori. Anche se, considerando che se ne usa 3 litri ogni 100 di mosto.......

 

Almeno due volte al giorno rimestare le vinacce venute a galla per la formazione di gas col vino sottostante.

Dopo 4-6 giorni, si controlla il grado alcoolico con un mostimetro, e raggiunto il limite minimo di 16,5 gradi voluto, si passa alla torchiatura.

Si da una prima filtrata di massima, usando o gli appositi filtri, o del semplice tessuto non tessuto, e si imbotta in contenitore sigillabile (damigiana, acciaio etc), inserendo un gorgogliatore di sicurezza, e una pasticca antifioretta, prima di chiudere. Pasticca che andrà sostituita ogni mese.

C'è chi mette olio di vaselina in superficie, il risultato è identico, è solo più difficile separare l'olio nelle fasi di travaso.