sabato 21 novembre 2015

Tantra

Dato il particolare argomento, se vi interessa e siete consapevoli di quanto andrete a leggere, dopo aver letto questo post, visitate il mio blog specifico "il mio tantra"


Alcuni mi chiedono cosa sia il Tantra e nello specifico cosa sono i massaggi Tantra (che è un modo scorretto di definire, perchè sarebbe più corretto dire Massaggi ispirati alla filosofia tantra).
Parlare di tantra in modo corretto e completo è quasi assurdo. Bisognerebbe essere orientali e dei fedeli di queste cose per poter solo sognare di arrivare a spiegare una piccola parte di tutto ciò che significa. Ne io mi sento in grado di poter dare spiegazioni ad alto livello.
Però qualche info minimale, quel tanto che basta per apprezzarne il percorso, e i suoi benefici, posso provare a scriverla.

Origine

Tutto ciò che riguarda il tantra in genere, inizia dall'amore di dio Shiva per sua moglie, la dea Parvati o Sakta o Shakti (che è il nome più usato oggi). Tralasciamo tutta la storia in merito, dall'interesse tra i due, da quanto accaduto col figlio Ganesha, etc. Ci sono siti appositi dove è possibile interessarsi e alla fine non capire nulla, tranne il filo conduttore: l'avere amore per i propri compagni di vita e con la natura in genere.
Già solo il termine Tantra, che di base deriva da TAN, che significa stendere, ha avuto nei secoli e a seconda degli studiosi, una marea di definizioni, ma che riportano tutte alla stesa base: telaio, conoscenza, essenza, strategia, dottrine, insieme di pratiche e rituali, sistema di pensiero, tecniche.

Il percorso

Sicuramente il tantra fa parte della disciplina yoga, di cui, se immaginiamo lo yoga come un grande albero dalle mille ramificazioni (forme di eseguirlo e praticarlo), il tantra ne rappresenta l'apice, la vetta. Lo yoga come strumento personale di riflessione e di costruzione mentale e di cognizione di se stessi, il tantra come mettere in comune con il partner quanto di basilare dello yoga. Potremmo dire yoga di coppia. Se il tantra però è nato come sviluppo della coppia (etero), oggi nelle nuove visioni della vita, viene applicato tranquillamente anche per le coppie omosessuali. Peccato che alcuni insegnati tantrici ancora insistono sulla sola possibilità eterosessuale. Cresceranno anche loro!!

Le tecniche

Non esistono tecniche rituali o regole di percorso ed esecuzione, ma una serie di considerazioni, di azioni, tutte tese a due mete specifiche e consequenziali: pace e amore.
Pace perchè tutto è mirato alla calma, alla tranquillità emotiva.
Amore perchè arrivando a questo stadio di calma si potenzia il rapporto amoroso, quindi si potenzia la propria sessualità e quella del partner.

La meta

La meta è vivere sereni, pur consapevoli dei problemi di ogni giorno, bypassarli con serenità e giusta coscienza, ma senza per questo rimanerne schiavi, succubi.
Di conseguenza mettere al primo posto il proprio compagno/a di vita, la persona che ci siamo scelti per diventare vecchi in amore e serenità.
E oltre a vivere felici e sereni, perchè non anche sessualmente "affamati" di chi ci vive accanto?
In fondo si parla, tornando all'origine, dell'amore di Shiva per Shakti, durato per sempre.
Quante volte sentiamo dire: <<mah, è la solita minestra, son stufo/a>> e il sesso e la passione sono i primi valori che decadono in una coppia, la sessualità scema con il passare del tempo, la passione idem, i rapporti durano sempre meno e son sempre più rari, le corna son pronte dietro ogni angolo, i divorzi... non ne parliamo. La fame di una persona più giovane e nuova si fa sempre più pressante, e solo perchè c'è la speranza nascosta di poter rivivere il passato.
Ma non è che la passione torna per una persona nuova. Si torna, per qualche tempo, poi torna la noia e l'abitudine. Tornano i problemi, tornano le bugie e le corna. Cambiare persona non serve, serve invece vivere bene e pienamente con la prima scelta.

Tantra e vita quotidiana

Il tantra insegna una cosa semplice: guarda ciò che è attorno a te con benevolenza e come una meraviglia. Non smettere mai di meravigliarti. Abbiamo ben presente tutti quanto sia bello vedere un tramonto colorato, un paesaggio montano, un arcobaleno che ti da speranza di rinascere. Trasportiamo questo modo di vedere a tutto ciò che ci circonda.
Una foglia, un sasso, una persona, un piatto cucinato anche male, il tepore di un camino, di una coperta, il calore di un abbraccio, la tensione di un bacio.
Se riusciamo a vedere il lato bello di ogni cosa che ci circonda, anche se abbiamo momenti tristi, basterà una sguardo sulla prima cosa che troviamo, per farci tornare la serenità.
Avete mai guardato un sasso non come ad un sasso? Avete mai visto le sue nervature, i suoi colori, avete mai provato a immaginare come sia nato, cresciuto, evoluto?
Provateci....eppure è solo un sasso.
Quando riuscirete a apprezzarne i valori, quanto di più riuscirete nell'intento con la persona amata?
Se un sasso nel suo silenzio riuscirà a darvi calore e tranquillità, quanto di più potrà farlo la persona amata?

Tanta e sessualità

Arrivati a cercare di vedere il partner nelle sue doti migliori, vi verrà voglia di donare ancor di più di quanto non avete mai dato. E si, perchè nell'amore non conta quanto riusciamo ad avere, ma quanto riusciamo a dare. E più si dà, più avremo in contraccambio.
Il mondo è tutto un "do ut des", non si riceve se non si da per primi. Non si riceve educazione e rispetto se non si da per primi, non si riceve cortesia se non si da per primi, e tanto di più non si riceve amore se non si da amore. E più diamo, più riceveremo.
Conseguenza vuole che anche il sesso faccia parte di questo ambito. All'inizio di un rapporto c'è la passione che fa da tramite. La voglia di avere orgasmi è più forte di ogni altro interesse, e tutto è finalizzato, anche se nessuno lo ammetterà mai, a questo. E tutto ciò che facciamo ha il solo fine del compiacimento finale. Poi la passione passa, arriva il quotidiano, e il solo sesso non basta più. Ormai sappiamo come è il partner, cosa fa, cosa vuole, e arriva il maccanicismo. I rapporti arrivano ad essere degli schemi ben fissi, la fantasia è finita, il godimento personale va a farsi benedire, quello dell'altro/a...si vabbè, lasciamo perdere. La durata stessa di un rapporto finisce il tempo necessario all'eiaculazione, tutto il resto viene presto abbandonato.
La vita sessuale delle persone non può essere relegata a quel minuto finale, perchè ciò che fa uscire di testa le prime volte, diventerà presto una noia farlo, una necessità corporale e basta, come andare al bagno o mangiare. Veramente deludente.
La routine di rapporto, le costrizioni ancestrali ataviche, fan si che la maggioranza dei rapporti sia consumato perchè si deve, utilizzando poche parti del corpo, limitate nella maggioranza al solo sfregamento dei genitali e poco più.
La sessualità di una persona è invece infinita, sia come localizzazione, sia come punti espressivamente attivi.
Si, esistono le cosiddette zone erogene, punti nervosi particolari che possono stimolare più profondamente un corpo, ma questi, assieme a tutta la pelle, può essere stimolata in modo diverso e più costruttivo, in un crescendo di azione che può non aver limiti.
Il tantrico si definisce spesso come pluriorgasmico. Se uno associa la sola eiaculazione a questo termine verrebbe da pensare che dopo aver imparato un po di azioni e pensieri tantrici, si possa avere una serie di orgasmi multipli. Beh, a volte può succedere, ma l'orgasmo tantrico è arrivare alla stessa soglia, senza obbligatoriamente avere un orgasmo fisiologico, ma sicuramente molto più appagante e costruttivo.
Tempo fa fece scalpore una rivelazione di un cantante che dichiarava di avere anche nove ore di orgasmo. E tutti diedero di matto. Ma come, io che al massimo ho quei pochi secondi, la mia lei al massimo ha delle "ripetizioni", come fa ad avere orgasmi per nove ore?
Ecco, togliamo subito equivoci dalla mente. Quel cantante, cosi come praticamente tutti coloro che praticano tantra, non hanno orgasmi "fisiologici" ripetitivi a sfinimento, ma vivono il rapporto in uno stadio di estasi tale, orgasmatico, ma per assurdo potrebbero anche non avere per nulla un orgasmo fisico comunemente conosciuto. Ma lo stato di piacere e appagamento raggiunto e realizzato, supera di gran lunga quella manciata di secondi classica.
Applicare quanto appreso in una seduta tantrica, tipo un massaggio, vicendevolmente, ai propri partner, può dare appagamento ben più importante e profondo di un qualsiasi rapporto sessuale classico.
E quanto c'è di più bello, è che ogni volta può essere diverso, nuovo, diversamente stimolante, una continua scoperta, che fa si che la "noia" non ci sia mai, che la "minestra" sia sempre diversa e piacevolmente ricercata e apprezzata.
In primis perchè non si ricerca più il traguardo finale, che assumerà un aspetto secondario e non indispensabile, in seconda perchè quello che si da e si riceve è mille volte più appagante del risultato di un semplice e ripetitivo movimento pelvico.

ATTENZIONE: NON E' UNA STRUTTURA PUBBLICA, MA UNO SPAZIO PRIVATO, CHE VIENE MESSO A DISPOSIZIONE PER AMANTI DEL GENERE E PER AMICI. GLI INCONTRI SONO DI TIPO PRIVATO, A DUE/TRE, O A SECONDA DI ORGANIZZAZIONI FATTE TRA GRUPPI DI AMICI
 


Dato il particolare argomento, se vi interessa e siete consapevoli di quanto andrete a leggere, visitate il mio blog specifico "il mio tantra"

 

 

 

 

 

Ventricchi su letto di cipolle

Chi non conosce gli interiora di pollo o tacchino, e nello specifico gli stomaci? Nel liguaggio comune vengono chiamati anche durelli (per il fatto che sono molto muscolosi e tosti), in "linqua" locale sono più conosicuti come "ventricchi".
Ci sono diversi modi per usarli, oggi vi propongo un piatto saporito e veloce.

Si prendono delle cipolle, rosse o bianche, e si tagliano a spicchi, fini ma non triturati. Si pongono in padella assieme ad un po di olio, si aggiunge del peperoncino a pettetti o in polvere.
Si prendeno dei ventricchi, che saranno lavati e ripuliti da eventuali residui grassi. Si tagliano a pezzettoni di circa 2/3 cm di lato. Alcuni preferisocno farli interi, ma poi le parti più cartilaginee con la cottura tendono ad accartocciarsi e diventano più ingestibili per cottura e consumo. Vedete voi!!
Si pongono sopra le cipolle, si sala un po, e si aggiunge della cannella in polvere o una stecca.
Si mette a fuoco lento e si porta a cottura. E' bene che rimangano croccanti, per cui anche se ci sta bene, evitate di aggiungere vino per lessarli e di cuocerli troppo, ma rimane una questione di gusti personali.
Dopo circa 20 minuti sono al punto giusto. Aggiustate di sale e servite caldi.



venerdì 23 ottobre 2015

Patatine fritte

La patatina fritta!!! Si dice che fritte son buone anche le ciabatte, ma se son patatine, per di più croccanti, ditemi cosa c'è di meglio.

Quali patate? In teoria son tutte valide. Le bianche sinceramente vengono un po più asciutte, forse perchè meno ricche di amido. Le gialle vengono più "abbronzate" e son più sapotite.
Lavarle, sbucciarle, e tagliarle a bastonicini non più grossi di 8 mm di spessore per lato. Se le fate addirittura più fini, otterrete gli sticky.

Quale olio? Dallo strutto, se dovete fare molte fritture successive, visto che non si altera per almeno 10 fritture successive, purchè poi mangiate subito, da calde.
All'olio di oliva, più o meno stesso potere di frittura, ma cambia leggermente il gusto... questione di gusti.
Gli oli più "insani", ma dal risultato certificato: arachide, o i nuovi mix appositi per la frittura.
Come elemento di scelta considerate che un olio può fare una due fritture, poi si altera, diventa bruno e fondamentalmente nocivo.
Alcune temperature del punto di fumo dei diversi oli (punto di fumo= temperatura alla quale l'olio brucia e degenera)
olio di girasole: sotto i 130 °
olio di soia: 130°
olio di mais:160°
olio di arachide: 180°
olio di oliva: 210°

Dato che le fritture migliori son quelle fatte tra i 160 e 180 °, la scelta da fare la vedete da soli.

Procediamo.

Tagliate le patate con il coltello, o con gli appositi tagliapatate, non è male metterle a bagno in acqua fredda per qualche minuto per fargli perdere un po di amido, ma rimane una scelta di gusto finale.
Asciugatele bene.
Mettete olio abbondante (dovrà coprire le patate) e portatelo a temperatura. Se non avete un termometro da olio, potete fare in questo modo. Dopo qualche minuto che avete acceso il gas, bello brillante, controllate a vista la densità dell'olio. Quando vedrete che incomincia a "muoversi" (si vedranno formasi movimenti all'interno), ponete un pezzetto di patata dentro la padella: dovrà entrare immediatamente in frittura.
Inserite tutte le patate preparate e dopo un minuto circa abbassate leggermente il gas (la temperatura, una volta ripresa, non deve aumentare troppo, ma rimanere stabile). Girate le patate sollevandole da sotto in su, per girarle, dopo 2/3 minuti, pian piano per non spezzarle.
La prima frittura deve far arrivare le patatine all'80% circa di cottura. Considerando che la patata cuoce in 10 minuti circa, significa che al massimo dopo 8 minuti vanno tolte, scolate, e messa su una teglia con carta assorbente, senza sovrapporle. Lasciatele evaporare e raffreddare un po. (possono anche freddarsi molto. Esempio, se dovete prepararne moltissime, potete eseguire la prima frittura, molto più lunga, anche ore prima)

Quando siete pronti al consumo, riscaldate di nuovo l'olio, e appena pronto, rimettetele a friggere, per i due minuti terminali, togliendole quando saranno abbronzate a vostro gradimento.

Avendo perso la maggior parte dell'umidità nella prima frittura e prima scolatura, potranno cuocere diventando finalmente belle croccanti.
Scolate di nuovo facendo attenzione di rimetterle sempre in una teglia, mai in una ciotola, cercando di non sovrapporle.
Salate a insaporite a piacere.

Piccola variante saporita: se inserite del finocchio selvatico o una speccia di aglio schiacciato durante la frittura, le patate ne acquisteranno il sapore senza eccessi, dando una nota di chic.



domenica 11 ottobre 2015

Olive in salamoia

Mese di ottobre. Gli olivi son pieni di olive che stanno finendo la maturazione. Chi ha un olivo nel giardino di casa ha tanti bei frutti che non sa come utilizzare. Venderli? Direi di no. La produzione non è cosi abbondante da essere presa in considerazione la fatica. Aspettarne la maturazione? Perchè no, ma poi abbiamo una quantità di olive che vanno trattate, e alla fine risulteranno sempre troppe da consumare in tempi brevi.
Perchè non farne dei vasetti in salamoia, e cosi rimandare a tutto l'anno il loro consumo?
Vi piace questa idea? E allora via alla ricetta.
In verità esistono due sistemi, uno rapido, e uno per cui occorrono mesi.
Il sistema rapido, da me scelto dopo diversi insuccessi con quello più naturale, consiste nell'uso della soda. Prendetene un barattolo in farmacia o in ferramenta, ma controllate che sia puro, senza additivi, destinato anche all'uso alimentare.
La soda, o idrossido di sodio, è un composto altamente alcalino, ustionante, e serve normalmente per sgrassare e sturare le tubazioni di casa dai residui grassi, proprio grazie alla sua capacità di idrolizzare i grassi. Nulla di meglio per un processo rapido e indolore alle nostre olive.
Dunque, come prima cosa, vanno raccolte le olive. Secondo le località il periodo migliore va da metà settembre a metà ottobre. L'oliva non deve essere ancora matura, annerita. Non vanno raccolte a bastonate, perchè i colpi ricevuti sulla polpa, fa si che si ammacchi, degeneri, e sciupi tutto il procedimento.
Pesiamo le olive, scartando quelle ammaccate, tagliate, o che non appaiono perettamente sane. Pesiamole e laviamole.
Ora prepariamo la soluzione di soda.
ATTENZIONE La soda, ripeto, è altamente caustica, saponifica tutto quello con cui viene a contatto, dita comprese. Per cui usare dei guanti per fare queste operazioni (anche quelli in lattice van bene).
Va fatta una soluzione al 17/20 gr/lt di acqua, considerando che mediamente occorre un litro d'acqua per ogni kg di olive. Prendere un secchio, o un contenitore qualsiasi, ma possibilmente di plastica, mettere l'acqua necessaria, e aggiungere man mano poche scaglie di soda per volta, e farle disciogliere. Quasto perchè quando si scioglie la soda, si genera una reazione esotermica, e tanta soda in poca acqua potrebbe arrivare a ebollizione con relativi schizzi. Miscelare la soluzione con un cucchiaio di legno o simile.
Quando è raffreddata, aggiungere con attenzione le olive. Se galleggiano, metterci sopra uno straccio, oppure un piatto, in modo che siano tutte ben immerse nel liquido.
Lasciarle riposare. Quanto?
Circa 6/8 ore per le olive piccoline da olio (diametro attorno a 1 cm).
8/12 ore per le olive da tavola (diametro di circa 1,5 cm)
Poco di più per quelle giganti (diametro superiore a 2 cm)
Per capire se il tempo è stato sufficiente, basta prenderene una (con i guanti), e tagliarla. La parte in cui la soda ha fatto il suo lavoro apparirà marroncina/rossastra, la parte verde vicino al nocciolo è dove la soda ancora non è stata assorbita. Ovviamente dovrà essere integralmente marrone.

A questo punto, sempre con attenzione, scolare la soluzione di soda, e immergere le olive in acqua pulita. L'acqua diventerà a breve di colore rossastro. Sostituirla minimo 2 volte al giorno, ma volendo anche più spesso.
Quando rimmarrà neutra, non uscirà più alcuna colorazione, le olive saranno pronte. In media occorrono 4/5 giorni.
A questo punto si pongono in salamoia. Il sistema più veloce, senza altre lavorazioni, è di metterle già in condizioni di riposo, senza ulteriori passaggi.
Si prepara una soluzione al 8 % di acqua e sale da cucina (80 gr/litro), facendo bollire l'acqua e il sale. Lasciar raffreddare.
Preparare i vasetti puliti (consiglio un moderno passaggio di lavatura in lavastoviglie: pulisce e disinfetta a sufficienza vasetti e tappi), di dimensioni adeguate all'uso futuro.
Ponete le olive accostandole al meglio. Aggiungete la salamoia preparata prima, e chiudete coi i coperchi nuovi.
Dopo 20 giorni saranno pronte per il secondo passaggio. Preparare una salamoia al 6%, (60 grammi di sale a litro di acqua) e trasferite le olive. Consiglio barattoli più piccoli, diciamo monodose. Attendere altri 20 giorni circa e saranno pronte da consumare o da conservare per molti mesi. In verità si potrebbero mangiare sin da 4/5 giorni dopo la prima immersione in salamoia, ma dandogli un po’ di tempo in più di stagionatura risulteranno migliori. 
Se al consumo dovessero apparire un po troppo salate per i vostri gusti, basta metterele per una due ore in acqua pulita prima di mangiarle, si dissaleranno con molta velocità.
Si trovano in giro ricette con quantità di sale minore. Il problema è che il sale è l'unica cosa che le protegge dalla degenerazione, e che se proprio vi sembrassero salate, e non è cosi, basta cosi poco per alleggerire il tenore di sale, che non vale la pena di rischiare.

mercoledì 7 ottobre 2015

Mazzafegati

Il centro Italia, (bassa Emilia Romagna, Toscana, Marche, e ovviamente Umbria) e in particolare la Valtiberina toscana, esiste un'antichissima tradizione culinaria, che stava disgraziatamente scomparendo: i mazzafegati, chiamati anche sambudelli. La base era composta della "ripulitura" del tavolo degli avanzi, per la serie che del maiale non si butta nulla.
In pratica, a fine lavorazione del maiale, venivano raccolte tutte le carni avanzate, tipo fegato, cuore, milza, lingua (se non diversamente utilizzate), a volte con aggiunta di orecchie, coda o altri pezzetti di codica, tritate grosse, miscelate con aromi salati o dolci, insaccati e consumati subito o lasciati asciugare da uno a due mesi e poi conservati con modalità antiche, da sott'olio, a sotto strutto, sotto grano, semola etc.
Questo insaccato è scomparso per un po di tempo, dato il progressivo appiattimento dei gusti della gente, che negli ultimi anni ha amato piatti sempre più insulsi, insipidi, "sani", senza senso ne gusto.

Per fortuna aluni produttori, 8 per la precisione, riuniti tra di loro, soprattutto nella zona Città di Castello Umbertide, hanno mantenuto la tradizione e rilanciato il prodotto.
Il nome la dice lunga sulla natura di questo fantastico prodotto, (ammazza fegato), che non ammazza nulla, ma è un bomba per le papille gustative di ognuno. Unica condizione: deve piacere il fegato di maiale per poter apprezzare l'unicità di questo prodotto.

Dare una ricetta unica o univoca è impossibile. Ogni contadino o produttore ha le sue proporzioni di ogni ingrediente, che miscela secondo le sue tradioni e gusti, tutti ugualmente ottimi e gustosissimi.

Qui scrivo la mia.

Si parte dalla ricetta base delle salsicce
Dato che difficilmente staremo lavorando un maiale intero, ci procureremo i singoli ingredienti.
(proporizioni medie)

  1. pancetta 750 g
  2. fegato (dal 15 al 25 %) 150/250 g
  3. sale (22 g/kg se conservate, 18 g/kg, se consumate subito, fresche)
  4. pepe (4 g/kg)
  5. aglio (1-2 g/kg)
  6. semi di finocchio selvatico (q.b.)
  7. pinoli 20 g/kg
Non aggiungere ulteriore grasso. Macinare con disco mm 8 (non più fino, altrimenti il fegato si liquefà)
Insaccare su budello fino (torto). Consumare subito cuocendole sulle braci, accompagnando con purè o erbe cotte.
Se si vogliono conservare, vanno fatte essiccare per almeno uno/due mesi. Da essiccate si consumano tagliandole a fette grosse.

Variante dolce

Abbassare il tenore di sale, e aggiungere scorza di arancio, uvetta sultanina, eventuale cannella secondo gusto.
Anche queste si possono consumare sia fresche che essiccate, ma in questo caso sempre cotte sulla brace.

giovedì 1 ottobre 2015

Peperoni grigliati

Ricettina da eseguire preferibilmente in stagione di maturazione, luglio agosto, ma solo perchè i peperoni cresciuti sotto il sole, hanno un sapore più ricco di quelli da serra.

Prendere dei peperoni di diverso colore, gialli e rossi. Che siano ben carnosi, maturi, e senza parti ammaccate o malate. Nell'eventualità le parti ammaccate si possono togliere prima della cottura, ma si perde l'effetto "cottura a vapore" del peperone integro.

Vanno cotti su una griglia, posta sulle braci, o in forno con la resistenza superiore fissa, o su una bistecchiera elettrica.

Dopo averli lavati si pongono sulla griglia, e si mettono nel sistema di cottura a disposizione.

La parte esposta al fuoco (inferiore se su braci o bistechiera, superiore se in forno), diventerà bruciacchiata man mano che cuoce, fino a formare anche delle bolle.
A quel punto girarli di 90 °, e proseguire finquando tutto il peperone sia con la pelle bruciacchiata.

Toglierli dalla griglia senza bucarli, e se sono molti, porli in una pentola chiudendo con un coperchio.

Prenderne uno per volta, posizionarlo su una tavoletta, a togliere per primo il picciolo con tutto il pacco dei semi.
Tagliarlo per la lunghezza e fare delle fette di circa 3/4 cm. Togliere con la punta di un coltello i semi residui. Nell'operazione evitare di far scolare il liquido presente.
Girare il pezzo e togliere il più possibile della pelle.
Mettere il pezzo pulito in una ciotola, e scolarci il liquido (si può usare uno scolino per eliminare gli ultimi semi eventualmente presenti).

Quando avrete finito di pulire tutti i pezzi, potete aggiungere un filo d'olio alla ciotola, sia per mantenere che per insaporire il tutto.
Se avete usato dei peperoni insipidi (succede, assaggiateli a fine operazione), si può aggiungere una piccolissima quantità di sale e/o zucchero, tipo meno di mezzo cucchiaino raso per sei peperoni.
Miscelare accuratamente e lasciare assorbire per un po prima di servire.

Si mangiano cosi, a pezzetti, da freddi, servendoli con ua cucchiaio di liquido di cottura che avrete raccolto. Alcuni aggiungo, sul piatto, del sale e dell'olio, secondo gusti.

Cipolle al forno

Settembre e ottobre, tempo di cipolle.....

Tanti, direi quasi infiniti, i modi di cucinarle. Ne propongo uno semplice, veloce, e...saporito.

Per questa ricetta occorrono delle cipolle, buone, non invecchiate, in teoria di qualunque razza e forma.
Io preferisco due tipi in particolare:
- le rosse con diametro di circa 4/5 cm (ottime quelle di Cannara, molto dolci)
- le bianche piatte (da usare intere, togliendo solo un "cappello" dove ci sono le puntine secche delle foglie)

Quante ne occorrono?
Ogni persona, in una volta, può mangiare anche 6 pezzi, dipende molto dal gusto e dall'abitudine a prediligere le cipolle. Fate i vostri calcoli, sapendo che una volta cotte, mantengono tranquillamente due tre giorni in frigo, non di più (però si possono congelare).

Le bianche piatte vanno lasciate intere, togliendo solo le foglie secche esterne, e le puntine secche, togliendo un cerchietto largo quanto una moneta da 1 €
Le rosse, dopo pulite, si tagliano a metà trasversalmente.

Alcuni le lasciano tutte intere. Si fa prima, ma assorbono meno i condimenti.

Piazzare le cipolle tagliate su una teglia, con la parte tagliata rivolta verso l'alto.
Bagnare con qualche goccia d'olio la parte tagliata (l'eccesso cadrà sulla teglia e servirà per non farle attaccare, senza eccedere nell'uso di olio)
Mettere pochi chicchi di sale, una leggerissima spolverata di pepe, del prezzemolo tritato finemente, anche in versione secca. Altri condimenti a piacere possono essere usati, tipo foglioline di timo, o di origano. In altre regioni poi mettono veri e propri composti di acciughe, capperi, uvetta etc. Io vado sul semplice.

Infornare a 180° C per circa 1/2 ora (varia in base alla grandezza e durezza delle cipolle).
Quando la pelle esterna a contatto con la teglia tende a seccarsi e bruciacchiarsi, siete arrivati a cottura. Fate un assaggio, non deve essere croccante. Spengete il forno e lasciatete come i dolci, a raffreddare lentamente.

Travasare su un piatto, e se piace, aggiungere al centro della parte tagliata, qualche goccia di aceto (meglio il balsamico).

Buone sia calde che fredde, esprimono il top da calde. Unica attenzione per le fredde: non servirle mai a temperatura di frigo: non esaltano i sapori che hanno acquisito.

Buona... cipollata

domenica 7 giugno 2015

Pollo in peperonata

Un piatto da fare in stagione, ricco di colori e sapori, in forma onnivora, che crea un secondo gustoso e saporito

INGREDIENTI

  1. Peperoni di colori assortiti (si usano i grandi, ma si può fare anche con i formati mignon)
  2. cipolla
  3. pomodoro
  4. una melanzana
  5. Cosce o sovracosce di pollo
Preparare i peperoni tagliandoli a fette e riducendoli a dadini di circa 2-3 cm di lato
Fate la stessa cosa per la melanzana, eliminando la polpa centrale se contiene troppo semi.
Si mette in una casseruola della cipolla tagliata a giulienne, ma non finemente, con un filo d'olio e si fa soffriggere.
A metà cottura della cipolla, aggiungere i pezzi di pollo e portarli a cottura.

Aggiungere i pezzetti di peperoni e della melanzana, senza girare, e mettere una spolverata di sale sopra i dadi.
Dopo qualche minuto cominciare a girare le verdure e la carne per farle insaporire con la cipolla, e uniformarle in cottura.

Quando saranno ormai ammosciate, aggiungere del pomodoro, preferibilmente fresco, tagliato a listarelle. Secondo gusti e possibilità, questi possono essere preventivamente spellati (si immergono in acqua bollente per un minuto e poi, tirati su con una schiumarola, si mettono in un contenitore pieno di acqua fredda. Si spelleranno al volo), oppure possono essere usati pelati pronti o altri tipi di pomodori conservati, ma state attenti che più i pomodori sono freschi e a pezzi grossi, più il risultato sarà gradevole.

Lasciare andare qualche minuto, aggiustando di sale se necessario. La cottura deve essere il più breve possibile per non spappare le verdure e non rendere tutto una poltiglia informe.

Si magia calda.

Peperonata

Un piatto da fare in stagione, ricco di colori e sapori

INGREDIENTI

  1. Peperoni di colori assortiti (si usano i grandi, ma si può fare anche con i formati mignon)
  2. cipolla
  3. pomodoro
  4. una melanzana
Preparare i peperoni tagliandoli a fette e riducendoli a dadini di circa 2-3 cm di lato
Fate la stessa cosa per la melanzana, eliminando la polpa centrale se contiene troppo semi.
Si mette in una casseruola della cipolla tagliata a giulienne, ma non finemente, con un filo d'olio e si fa soffriggere.
A metà cottura della cipolla, aggiungere i pezzetti di peperoni e della melanzana, senza girare, e mettere una spolverata di sale sopra i dadi.
Dopo qualche minuto cominciare a girare le verdure per farle insaporire con la cipolla, e uniformarle in cottura.

Quando saranno ormai ammosciate, aggiungere del pomodoro, preferibilmente fresco, tagliato a listarelle. Secondo gusti e possibilità, questi possono essere preventivamente spellati (si immergono in acqua bollente per un minuto e poi, tirati su con una schiumarola, si mettono in un contenitore pieno di acqua fredda. Si spelleranno al volo), oppure possono essere usati pelati pronti o altri tipi di pomodori conservati, ma state attenti che più i pomodori sono freschi e a pezzi grossi, più il risultato sarà gradevole.

Lasciare andare qualche minuto, aggiustando di sale se necessario. La cottura deve essere il più breve possibile per non spappare le verdure e non rendere tutto una poltiglia informe.

Si magia calda.

Zucche a bandiera

Sempre estate e sempre zucche. E ora un altro piatto ugualmente saporito ma più vegano. Un piatto che raccoglie una serie di prodotti freschi dell'orto e di stagione. Nata soprattutto per utilizzare quelle zucche che non sono state raccolte da giovani, e ingrossandosi son diventate troppo dure e grosse per le altre tipologie di ricette.

INGREDIENTI

  1. Zucche grosse, preferibilmente del tipo lungo, già vecchie e con i semi pronti
  2. cipolla
  3. pomodoro
  4. una melanzana
Preparare le zucche tagliandole a fette e riducendole a dadini, togliendo e scartando la polpa centrale piena di semi. La buccia, con la parte soda della polpa, ben evidente, sarà tagliata a cubi di circa 2 cm per lato.
Fate la stessa cosa per la melanzana.
Si mette in una casseruola della cipolla tagliata a giulienne, ma non finemente, con un filo d'olio e si fa soffriggere.
A metà cottura della cipolla, aggiungere i cubi di zucche e melanzana, senza girare, e mettere una spolverata di sale sopra i dadi.
Dopo qualche minuto cominciare a girare le verdure per farle insaporire con la cipolla, e uniformarle in cottura.

Quando saranno ormai ammosciate, aggiungere del pomodoro, preferibilmente fresco, tagliato a listarelle. Secondo gusti e possibilità, questi possono essere preventivamente spellati (si immergono in acqua bollente per un minuto e poi, tirati su con una schiumarola, si mettono in un contenitore pieno di acqua fredda. Si spelleranno al volo), oppure possono essere usati pelati pronti o altri tipi di pomodori conservati, ma state attenti che più i pomodori sono freschi e a pezzi grossi, più il risultato sarà gradevole.

Lasciare andare qualche minuto, aggiustando di sale se necessario. La cottura deve essere il più breve possibile per non spappare la zucche e non rendere tutto una poltiglia informe.

Si magiano calde. Alcuni suggeriscono una spolverata di parmigiano una volta mette nel piatto. Non è male, de gustibus.

Zucche ripiene

Estate.
Negli orti umbri prolificano le zucche. Rotonde, lunghe.
 Un vegetale che si può preparare in tanti modi diversi, ma tutti abbastanza insipidi, da dieta.
Ma qui non si fa dieta, si cercano sapori che arricchiscano il palato e la... pancia.
Perchè dunque non farle ripiene? Con un composto di carni e sapori vari, passate al forno, sono una delizia della tavola gustose calde, ma anche fredde.

INGREDIENTI

  1. delle zucche grandi, di qualsiasi formato, sia tonde che lunghe
  2. un mix macinato di carne di vitello e maiale
  3. uovo
  4. noce moscata
  5. maggiorana
  6. prezzemolo
  7. parmigiano o grana
  8. pane grattato (e/o mollica di pane raffermo)
  9. aglio
  10. sale e pepe
  11. olio

Si tagliano le zucche. Le rotonde a metà trasversalmente, le lunghe a pezzi di circa 7 cm di lunghezza.
Si svuotano parzialmente con un cucchiaio, lasciando almeno 1 cm di polpa intorno alla buccia.
Si mette un piccolo pizzico di sale nell'interno della zucca.

IL RIPIENO

Tritare uno spicchio di aglio, assieme a prezzemolo e maggiorana.
Aggiungere la polpa della zucca risultante dallo svuotamento dei pezzi, sminuzzata.
Grattugiare della noce moscata.
Aggiungere del sale, del pepe, e un po di parmigiano. Aggiungere un uovo (per 10 pezzi circa), e amalgamare il tutto.

 NOTA: alcuni a questo punto mettono del latte per rendere mobido l'impasto. Io preferisco aggiungere la polpa della zucca come parte liquida, cosi non butto nulla e risulta ugualmente morbida. Il sapore non cambia, semmai la consistenza finale. Fate le vostre prove e vi regolerete con i vostri gusti.

Aggiungere la carne macinata un po di olio e amalgamare ancora.
A questo punto aggiungere un po di mollica di pane da pane raffermo, e del pane grattugiato. Non ne occorre moltissimo, basta che rassodi un po il composto. Più se ne mette, più il risultato finale sarà compatto e duro, ma anche poco gradevole.

Riempire il buco fatto nelle zucche con il composto, facendo un cappellotto di circa 1-1,5  cm.
Posizionare i pezzi in una teglia, dove avrete messo un filo d'acqua.
Cospargete ora i pezzi in teglia con dell'olio, che renderà dorata la superfice e non farà attaccare i pezzi alla teglia.
Mettete in forno già caldo a 220-250°.
Il tempo medio di cottura è un'ora.
Regolatevi con la doratura della carne. Quando la vedete bella marroncina, chiudete il forno, aprite leggermente lo sportello, e lasciate dentro la teglia a raffreddarsi. Non preoccupatevi se la zucca non appare cotta. Lo è, ma si evidenzierà quando si raffreddano.

Buonissime da mangiare calde, sono perfette anche fredde o leggermente riscaldate in microonde.

Non ho messo volutamente i quantitativi di zucche e dei vari ingredienti perchè variano tantissimo dai gusti personali.
Potete pero tenere presenti alcuni dati. Mediamente ogni persona, se non è un piatto unico, ne mangia sui tre pezzi.
Con cinque zucche tonde escono 10 pezzi, e occorrono circa 300 gr di carne, 100-150 di pane, 50-80 di parmigiano, uno spicchio di aglio, un uovo. Proporzionate di conseguenza.



sabato 4 aprile 2015

Ciaccia al formaggio

In Umbria c'è una tradizione, oserei dire, ormai secolare: la ciaccia (o torta) al formaggio.
La tradizione originariamente era tutta pasquale, ma questa ciaccia è cosi buona, che ormai si trova tutto l'anno. Però la sua morte vera è nel periodo pasquale, e in particolare per la colazione del giorno di Pasqua.
Credo non esista famiglia che la mattina della S. Pasqua non si raduni per la colazione tradizionale, fatta di fette di ciaccia, e salumi novelli: salami, lombetti e capocolli in particolare. Tutto condito con del buon vino novello per gli adulti o del latte caldo per i piccoli. A questo viene associato il consumo di uova sode, benedette di norma nella settimana pasquale o poco prima, dal parroco che gira per la benedizione di Pasqua. L'uovo sodo benedetto in particolare, è stato ripreso anticamente dalla tradizione ebraica. L'uovo ha una caratteristica particolare: quando lo si lessa, più minuti dura la lessatura, più diventa duro. Gli ebrei lo cuocevano moltissimo, e con questo volevano dimostrare e ricordare la solidità (durezza) della loro fede in Dio. Questa tradizione venne ripresa nei tempi antichi, e dura tutt'oggi, con la differenza unica che le uova vengono benedette prima di essere lessate.
Veniamo alla ricetta della ciaccia.

INGREDIENTI

  1. 500 gr di farina (00 o manitoba o mista - l'uso della manitoba renderà la ciaccia più morbida)
  2. 100 gr di pecorino romano grattugiato
  3. 150 gr di parmigiano grattugiato
  4. 150 gr di emmental a cubetti
  5. 4 uova intere
  6. 25 gr di lievito di birra
  7. 50 gr di strutto
  8. sale
  9. pepe nero macinato

Sciogliere il cubetto di lievito in poca acqua tiepida (circa 100/130 ml), aggiungere le uova, lo strutto fuso. Cominciate a sbattere.
Aggiungete una presa di sale, pepe a volontà secondo gusti, la farina e il mix di formaggi. Lasciate amalgamare bene. C'è chi aggiunge una dose di zafferano per dare un colore più vivace finale.
Procuratevi delle teglie strette e a bordi alti (tipo quelle da panettone), o delle forme in carta da forno, o semplicemente dei tegami interamente da forno (non usare quelli con parti in bachelite, tipo i manici).
Ungete leggermente l'interno e depositatevi l'impasto. Nel caso potete dividerlo in più forme se volete farne di piccole, o in teglie basse ma belle larghe se volete fare una specie di pizza.
Lasciate lievitare dalle 2 alle 3 ore (alcuni fanno la prima lievitazione di due ore senza mettere in forma, poi aggiungono i formaggi a cubetti, e a questo punto mettono in forma per un altra ora di lievitazione - De gustibus, non ho visto differenze significative, provate).

Importante. La ciaccia a questo punto può subire l'effetto suffle, nel senso che dopo la lievitazione, che sia unica o in due fasi, è gonfissima, e tale deve rimanere, altrimenti perde le sue bolle d'aria e la sua consistenza mordiba e "bollosa". Se la toccate si sgonfia, e diventa una specie di mattonella, sempre buona, ma pesante, compatta e poco gradevole. Per cui fate attenzione a lasciarla cosi com'è.

Infornate a 180-190 gradi per 45-90 minuti, posizionando in basso il contenitore. Il tempo varia proporzionalmente in base alle dimensioni finali del composto. La superficie esterna prenderà un bel colore dorato. Fate la prova stecchino per essere sicuri della cottura.
A cottura ultimata lasciare raffreddare in forno spento ma aperto.
La ciaccia si consuma a fette, da fredda, e va conservata in buste di plastica o da pane, dato che secca velocemente, anche se, con dei buoni salumi da abbinarci, difficile che venga consumata con parsimonia.

VARIANTI MODERNE
E' sempre più uso guarnire queste ciaccie in tanti modi, tipo farle a fette e spicchi, e metterci dentro maionese, salumi, tonno, rucola, pomodorini, a strati variabili e alterni, in modo da formare tanti piccoli sandwich, soprattutto da usare durante delle feste a buffet freddo.


mercoledì 18 marzo 2015

Ciaccia con i ciccioli

Questa è una torta salata povera, presente sicuramente in tutte le regioni del centro Italia, forse anche in altre. Prende il nome di torta, ciaccia, pizza, con i ciccioli, sfrizzoli, cicoli... infiniti nomi per indicare solo un prodotto residuale della lavorazione del maiale, ma con un gusto e un sapore da mille e una notte.

La storia

Nei tempi antichi, dove come ora del maiale non si butta nulla, era uso lavorare le parti grasse e il lardo avanzato da altre lavorazioni. Questo perchè una volta i maiali erano "veri", venivano portati su molto di peso, e avevano grasso in quantità. Oggi che il mercato sta portando avanti specie genetiche sempre più magre, per ottenere i ciccioli bisogna usare metodi alternativi.
In pratica lardo e altre parti grasse, a secondo della regione di lavorazione, venivano tagliati a fettine più o meno sottili, o macinato. Poi venivano messi un pentoloni, spesso assieme a delle foglie di alloro, e venivano scaldati fino alla fusione del grasso. La parte fusa, che prende il nome di strutto,  veniva raccolta dentro le vesciche del maiale, e fatto raffreddare, per essere consumato successivamente e veniva usato per friggere o per preparare pizze, dolci etc.
La parte residuale, composta dal magro e dalle fibre del lardo, veniva poi raccolto dentro un panno grosso, nella norma di lino, che veniva arrotolato e strizzato con due bastoni legati tra loro. In pratica del grasso originale rimaneva veramente nulla. Questi venivano poi leggermente salati, e lasciati asciugare per poi essere mangiati tal quali, o associati ad altre lavorazioni, tipo questa che vado a illustrare.

Oggi

Oggi non è molto facile trovare i ciccioli, ma è semplice preparali. Prendete una pezza di pancetta, macinatela (all'uso umbro), oppure fatela a fettine, secondo l'uso toscano, o molisano, e seguite la procedura detta sopra. Lo strutto potrete raccoglierlo in un barattolo da marmellata.

Nota culinaria

Lo strutto è il miglior grasso in assoluto per friggere. Ogni porzione può essere usata anche per una decina di fritture senza doverlo cambiare, come succede con gli oli di oliva o di semi. Mantiene prefettamente la temperatura di frittura, non brucia, non puzza. Le nostre nonne dopo la frittura, lasciavano depositare gli eventuali residui dei cibi fritti, facendo raffreddare per qualche minuto,  e poi lo rimettevano nel barattolo o tazza per gli usi successivi.

La ciaccia

Esistono diverse ricette per prepararla, e la cosa che varia davvero tra di loro, è il tipo di lievito. Alcuni usano il bicarbonato, altri il lievito di birra.
La mia versione:

  1. 500 grammi di farina manitoba
  2. 200/220 grammi di acqua tiepida
  3. 10/15 grammi di zucchero
  4. 50/60 grammi di strutto
  5. un cubetto di lievito di birra
  6. 200 grammi di ciccioli leggermente salati
Mettete nell'impastatrice la farina, lo zucchero, lo strutto a piccoli cucchiaini, e aggiungete l'acqua nella quale avrete disciolto il lievito. Fate miscelare a lungo, per essere sicuri che lo strutto, solido, venga distribuito bene. Se preferite, potete terminare a mano la miscelazione.
Mettete il contenitore coperto nel forno con la luce accesa (questo darà la giusta temperatura di lievitazione). Lasciate lievitare per almeno due ore.

Togliete il contenitore, aggiungete i ciccioli e rimpastate. Spargete un velo di farina sulla superficie, per aiutarvi a stenderla, e mettetela sulla teglia di cottura dove avrete posto un foglio di carta da forno. Stendetela bene su tutta la teglia. Con un coltello fate delle incisioni formando dei quadrati da circa 5x5 cm. Copritela e rimettetela in forno per almeno un'ora.
Toglietela dal forno lasciandola coperta con un canovaccio, e accendete il forno portandolo a 180°. Appena pronto infornate per circa 20/30 minuti. Se volte dargli un bel colore, quando siete quasi a cottura, toglietela dal forno, e con un pennello bagnate leggermente la superficie d'olio di oliva. Rimettete in forno fino a fine cottura. Servitela possibilmente calda, o riscaldatela velocemente prima del consumo.
Questa modalità vi darà un'altrezza di fine cottura di circa 1,5 cm, per una teglia da 40 x 40 circa (la classica teglia da forno). Se la volete più alta, invertite i tempi di lievitazione, o allagate la seconda fase.





domenica 1 marzo 2015

Penne al cognac

Un piatto di cui non conosco le origini, ma è molto in voga in zona.

Ingredienti (4 persone):
  1. una cipolla media (come una piccola mela)
  2. due salsicce umbra fresca
  3. 200 gr panna
  4. un barattolino di passata di pomodoro (200 gr circa)
  5. 1/2 bicchiere di cognac
  6. mezze penne (considerare 65 gr a testa)
  7. peperoncino

Mentre mettete a lessare la pasta (consigliate le mezze penne), in una padella capace di contenere anche la pasta cotta, mettete in filo d'olio.
Tagliate delle cipolle (fantastiche con le rosse), a fettine e poi a cubetti, e soffriggetele.
Quando sono a metà cottura, aggiungete le salsicce sbriciolate con una forchetta, e private della pelle.
Mettere, se piace e volete una nota particolare, del peperoncino, in polvere o sbriciolato.
Finite la cottura girando molto spesso, di salsicce e cipolla.
Abbassate il gas, e aggiungere il mezzo bicchiere di cognac, e lasciarlo per uno due minuti (non deve asciugare).
Aggiungere il barattolino di passata di pomodoro, miscelate e lasciate cuocere per qualche minuto.
A questo punto aggiungete la panna, miscelate, lasciate che scaldi un po, e poi aggiungete la pasta che nel frattempo si sarà cotta. Miscelare il tutto e servire ben caldo.

Prosciutto

Una premessa. Qui parliamo del prosciutto tradizionale Umbro, nulla a che vedere con le versioni dolci del nord.

Il prosciutto, dopo il salame, la bestia nera e la sfida di tutti quelli che fanno norcineria, salumi fatti in casa.

Il prosciutto, cosi come la spalla, ha dei tempi e delle caratteristiche tutte sue. Molto variabili sono anche le concie che si mettono in atto.
Vediamo alcuni dati di base.
Prima di tutto il pezzo. Contrariamente ad altre regioni, qui togliamo quasi tutta la cotica dell'interno coscia/spalla. Lasciamo solo la parte posteriore e laterale.
Poi i locali.Necessitano assolutamente locali che rimangano freschi tutto l'anno, soprattutto se le nostre intenzioni sono di cimentarsi con grosse pezzature, perchè un prosciutto sui 25 kg necessita anche di un anno e mezzo o più di stagionatura. Cambia ovviamente se si prendono prosciutti sui 10/15 kg, idem per le spalle.
Preparazione. Mentre la spalla ha pochi problemi, il prosciutto ha un neo nascosto, che si chiama arteria femorale. Questa percorre tutto il prosciutto dalla noce (parte terminale del femore), fino al gambuccio. Qui dentro rimane spesso, quasi sempre, del sangue, che se non è ben tolto, va a macerazione, rovinando tutto il prosciutto. Quindi prima di agire, è obbligatorio scolarla con la pressione di un dito, molto bene. Questa operazione può essere richiesta al macellaio da cui si compra il pezzo, onde non correre rischi e fino a quando non si impara a farlo da soli.

I miei locali sono ottimi durante l'inverno, ma diventano troppo caldi d'estate, quindi ho messo a punto una versione disossata, che permette tempi di maturazione brevissimi.
Per il prosciutto. Ci sarà sempre presente la cosiddetta anchetta, un pezzettino di bacino che viene tagliato per lasciare il prosciutto in forma tondeggiante. L'uso classico moderno è quello di lasciarla in loco, onde non creare un buco che crea infiltrazione. Nel passato questa veniva tolta, e si provvedeva a chiudere subito il buco con la sugnatura, che vederemo dopo.

Come fare la salatura.

Procurasi del sale grosso di media grandezza (spezzettare il commerciale se non lo trovate).
Massaggiate con questo la parte posteriore del prosciutto. Girarlo e mettere piccole fettine di aglio a distanza di 6/8 cm. Spolverare con del pepe macinato. Coprire massaggiando leggermente con del sale grosso. Non ne occorre moltissimo, ma nei giorni successivi va reintegrato se si scioglie e scompare. Mettere il pezzo su un piano di canne o intero, ma inclinato, per lo scolo dei liquidi di risulta. Finiti i giorni di salatura, lavare il prosciutto con del vino, e poggiarlo su un piano rigido, coprirlo con un telo o carta, metterci sopra una tavoletta, e un buon peso.
Ciò servirà a compattarlo e renderlo più fine per favorirgli l'asciugatura omogenea. Noi non abbiamo le cella di stagionatura, per cui possiamo lasciarlo tondeggiante, meglio renderlo piatto e ad altezza omogenea.
Dopo un paio di giorni è pronto.
Rifilare eventuali strabordi di carne, ricoprire di abbondante pepe, e appenderlo per il gambuccio (se necessario inserendolo nell'apposita rete antimosche).
Dopo un paio di mesi (maggio giugno), procedere son la sugnatura. Procuratevi della sogna (sugna, assunza, 'nzogna, saìmi etc etc, cioè il grasso che ricopre le reni del maiale.) Macinatelo, miscelateci del sale fino e del pepe, e tappateci i buchi che si formano all'esterno (tipo nei bordi tra grasso e magro). Basta una quantità minima, quel tot che serve a non lasciare possibili distacchi tra le carni.
Secondo la grandezza occorrerà una maturazione da sei mesi all'anno o più, finchè non risulterà sodo e profumato.

Quanto tempo lasciarlo sotto sale?
La norma generale prevede 11 giorni più un giorno aggiuntivo a kg. Mediamente 20/30 giorni sono sufficienti. Per la spalletta invece bastano sui 10/15 giorni.
Se il periodo della salatura risulta molto umido, diminuire consistentemente i giorni, dato che il sale sarà favorito alla penetrazione.

Prosciutto disossato.
Come dicevo la mia "cantina" non rimane fresca in estate quindi ho messo a punto la versione disossata, che richiede tempi molto più brevi. In pratica messo il prosciutto in piano, lo taglio di traverso per il lato più largo, in modo che ottengo 3 pezzi: la base, e due blocchi superiori. Due blocchi perchè in mezzo madre natura ha messo il femore, che va tolto, assieme alle altre ossa, e cioè crea forzatamente i due blocchi superiori separati.
Diversamente dal prosciutto intero, qui bastano 4/5 giorni di salatura, dato il basso spessore del pezzo, da fare con le stesse modalità.
Lavarlo ugualmente con vino, spianare se necessario, pepare, rifilare e appendere.
Pure la maturazione è diversa, mediamente in un mese, massimo due, si arriva a top. Ma nulla vieta di prolungarla secondo le vecchie usanze, per ottenere un prodotto duro a sufficienza come da tradizione.
Si perchè la tradizione umbra generale sul prosciutti, è che questo non deve risultare molle come i cugini nordici, ma bello duro e sodo, dove col tempo acquista un sapore senza uguali.

venerdì 27 febbraio 2015

Salami

Questa è una delle due sfide maggiori dei norcini: salami e prosciutti. Si perchè questi due prodotti temono tantissimi fattori di variabilità che potrebbe rovinare il prodotto finale, tanto da doverlo buttare. Ma se riuscite nell'impresa, sarà una soddisfazione unica.

INGREDIENTI:
  1. lonze, prosciutti
  2. sale
  3.  pepe
  4. aglio
  5. budello da salame (ammollati almeno 3-4 ore prima in acqua tiepida e aceto)
  6. vino nero
  7. lardo e grasso di maiale (30 % del magro) 

ESECUZIONE
Per la tagliata
Ripulire le carni da ogni cartilagine. Macinare a taglio medio.  
Aggiungere l'aglio 2 gr/kg, naturale o in polvere (se naturale macinare con la carne, o meglio ancora, frullarlo con un po di vino)
Per la parte grassa (preferibilmente del lardo) ci sono due scelte:
1- se si vuole ottenere un salame a grana fina, tipo il milanese, si macina il grasso assieme alla carne
2- se si vuole ottenere un salame a grana grossa, detto anche a lardello, il grasso va tagliato a mano in cubetti non più grandi di 1 cm di lato, e poi si miscela alla parte magra già macinata.
Disporre su vasca o un bel piano, aggiungere vino nero  (1 bicchiere ogni 2.5 kg di carne).
Aggiungere sale fino (30 gr/kg, ma si consiglia un max di 22/23) e pepe macinato (5 gr/kg, metà macinato, metà a grani interi).
Assaggiare mano a mano che aggiungete. Miscelare il tutto accuratamente senza ammaccare la carne. Far riposare un po.
Per l’insaccamento
Usare delle budella apposite per i salami (di norma di usano budelli bovini, più grandi del normale. Consiglio di non usare quelli giganteschi se non si hanno esperienza e ambienti di essicazione più che perfetti. Richiedeste di avere la formazione di buchi d'aria dentro il salame, che a breve irrancidirebbe rendendo il prodotto inutilizzabile) 
Riempire le budella assestando la carne dentro di esso, legare e bucherellare molto bene il budello con gli aghi. Appendere per 1/2 giorni a 20°. Indi appenderli a 10/16 °, in locale areato (max 70% di umidità) dai 30 giorni in su. Ogni tanto consiglio di passare con un canovaccio per togliere le muffe che si formano, e comprimere i salami per assestare le carni all'interno (questo solo i primissimi giorni).
Mediamente dopo 15 giorni si possono mettere sotto cenere se si vuole provare questa variante. Nel caso raccogliete della cenere esclusivamente di quercia, su cui non avete bruciato altro che legno, e da cui avete tolto i pezzetti di carbone che potrebbero essere presenti.
Raggiunta la secchezza voluta, si possono mettere nei sacchetti sottovuoto.
Se cominciano a presentare muffe bianche o verdi, sono la ricchezza dei salami, ma anche indice che gira poca aria. Areare spesso il locale per togliere l'umidità, ma non esponete i salami a correnti d'aria. Troppa aria, soprattutto all'inizio della stagionatura, provoca un indurimento della superficie, e di conseguenza la formazione di buchi all'interno del salame che lo guasteranno.

Le dimensioni finali saranno quelle di un cacciatorino.

Versione piccante

A molti piacciono i salamini piccanti, chiamati anche salsicce napoletane e in altri modi.
Questi poi possono essere consumati tal quali o usati per essere messi, affettati, su una bella pizza.
Per preparare questa versione si sostituisce il pepe nero con peperoncino macinato finissimo, nel quantitativo di 8 grammi per kg di carne. Miscelare perfettamente e a lungo il composto, onde evitare "sacche" di peperoncino. Inoltre per questa versione consiglio la macinatura fina del grasso, e non a cubetti.

Pancetta

La pancetta del maiale. Fonte di delizia e di infinite ricette e consumi. Con una altrettanto infinita variabilità di preparazione.
Qui vedremo le due più classiche, con dei riporti ad altre versioni.

LA BASE
Prendere delle pancette da salata. Si usa la parte anteriore dell'addome, quella con la maggior presenza di venature magre. In zona la chiamiamo "rigatino", perchè sono evidentissimi i fasci muscolari immersi nel grasso.
La pezza deve avere la sua cotica naturale.
Si rifila, e si massaggia la parte con la cotica con del sale grosso mischiato con un po di quello fino ( a meno di preparare del sale grosso a granatura di circa la metà di quello commerciale).
Poi si rovescia ponendolo sul supporto da salata (piano di canne o superficie intera, ma in posizione inclinata per la scolatura dei liquidi che si formeranno per l'infiltrazione del sale).
Si mettono delle fettine di aglio ogni 6/8 cm circa, poi si mette una spolverata di pepe, e si copre con del sale grosso, facendo attenzione che tutta a superficie sia coperta.
Si tengono a 15 ° C circa, per 5 giorni (4 se si vuole più dolce). Finito il tempo si toglie il sale e si lava la pezza con del vino. E da qui si parte con tutte le variabili possibili

Pancetta dolce tesa
La pezza viene ricoperta di pepe, e appesa con dei ganci in un ambiente sui 10/15 °C, umidità 60 %, con frequenti ricambi di aria ma non sotto corrente diretta e continua.
Dopo circa 20/30 giorni (controllare la consistenza a mano), la pezza è pronta per essere usata o tagliata a pezzi e messa in sacchetti sottovuoto.

Pancetta piccante tesa
Tutto come sopra, ma al posto del pepe si mette abbondante peperoncino macinato finissimo.

Pancetta arrotolata.
Una volta cosparsa di pepe la pezza viene arrotolata su se stessa e legata stretta con dello spago, e usando se l'abbiamo, della rete elastica.

Pancetta tipo Bacon.
La salatura in questo caso può essere più breve, 2/3 giorni, dato che l'affumicatura è già un conservante di per se. Dopo la salatura, la pezza viene posta appesa in un affumicatoio, e lasciata li per qualche ora secondo i risultati voluti e cercati.
L'affumicatoio è un attrezzo in cui il fuoco, di solo brace, di norma di quercia o faggio, (di norma vengono usati segatura o piccoli pezzi), è in una camera separata da quella di affumicatura. Quindi il fumo viene deviato/canalizzato verso le pezze di carne, e si lascia che vengano avvolte da questo. Il fumo deve arrivare quasi freddo, e le pezze non devono scaldarsi col fuoco.
Il sistema più antico era una specie di buca rettangolare in un muro, dove in basso veniva tenuta la brace. Poco sopra c'era una intercapedine, tipo un piano fatto con dei tavelloni, e sopra c'era la camera dove venivano appese le pezze. Il fumo prodotto risalendo invadeva la camera di affumicatura, ma ormai raffreddato, e ricopriva le pezze. Con questo sistema si possono fare tanti pezzi diversi di carne (costine, stinchi etc). Una volta era un metodo di conservazione alternativo all'uso del sale, oggi è più un metodo per avere carni per usi diversi. Tanto per citarne il più famoso è l'Eggs and Bacon, di origine inglese. Pancetta affumicata tagliata a fette fine e abbrustolite, con contorno di uova strapazzate.

Usi classici delle pancette nostrane (tesa o arrotolata)
Si possono usare come:
- battuto ricco per sughi,
- a cubetti per sostituire il guanciale per la preparazione dell'amatriciana
- naturale e a crudo, come affettato da mangiare nei panini
- fettine distese sopra bruschette a cui si aggiunge una goccia di miele
- per coprire delle ariste prima di essere messe al forno, volendo aggiungere i sapori di preparazione della pancetta.
- e mille e mille altri usi  



Lombetto e capocollo

E ora parliamo di due squisitezze salate, altrettanto tipiche.
Il lombetto e il capocollo (detto anche scalmarita), derivante dal fascio muscolare che cominciando dal collo finisce in zona lombare e che affianca la colonna vertebrale del maiale. Il lombo o lonza è la parte tutta magra che finisce vicino alle vertebre cervicali, e il capocollo invece raggiunge la testa.
La differenza sostanziale è che il capocollo è ampiamente venato di grasso, mentre la lonza è tutta magra. In condizione fresche, mentre il capocollo viene fatto a fettine e arrostito, la lonza viene tagliata assieme a vertebra e un pezzo di costina per fare le braciole (dette anche nodini), con o senza filetto, fino alla fine dell'area toracica, mentre viene usato a blocchetti nella zona addominale per fare ariste. Tutte rigorosamente al forno o alla brace. Piccola nota: provate a fare un'arista usando il capocollo, avrete un risultato di morbidezza e sapore come pochi.
E ora vediamo le versioni salate e conservate come salumi.
La lonza e il capocollo devono essere raffilati. Mettere delle piccole fettine d'aglio lungo le superfici, distanti circa 6/8 cm l'una dall'altra. Spolverare con un po di pepe macinato. Coprire con uno strato leggero di sale grosso, su tutto il pezzo. Mettere su un supporto dove possa scolare l'acqua che produrrà a causa dell'infiltrazione del sale. Normalmente si usano o delle canne, oppure una superficie piana inclinata, poste su un contenitore capace di raccogliere e convogliare via i liquidi.
Tenere il tutto al fresco per tre giorni circa (il capocollo date le doppie dimensioni di struttura, anche quattro).
Passato il tempo togliere il sale e lavare le pezze con del vino.
Tagliarle a dimensioni di consumo secondo usi e costumi.

LOMBETTO
Il nome lombetto deriva dal fatto che il pezzo è solo una parte della lonza.

Lombetto sott'olio.
Questo può essere conservato semplicemente fatto a fette di meno di 1 cm di spessore, e messo in un barattolo di vetro dove è già presente dell'olio. Si riempe fino alla curvatura e si finisce di coprire con l'olio. In teoria si possono usare tutti i tipi di olio, in commercio di norma usano il girasole, che non rilascia sapori e costa poco, ma un buon lombetto sott'olio sarà meraviglioso se si usa olio di oliva ben fruttato e saporito. Di norma è bene attendere almeno un mese prima del consumo, ma solo per farlo insaporire bene. Si mangia tirando fuori le fette, scolandole, e associandole a insalate primaverili, soprattutto con erbette di campo amare, i cosiddetti "grespignoli", valeriana, bocche di leone. Non male associarci degli aglietti tritati fini o cipolle rosse tipo Tropea o Cannara (i due regni delle cipolle migliori d'Italia). Nota: gli aglietti sono le piantine giovani di aglio, che ancora non hanno formato il bulbo. Si usa l'intera pianta, tritandola finemente. Ha il tipico sapore di aglio, ma non cosi forte come l'aglio a speccie, ne col "dramma" del rinfaccio.

Lombetto salato
Una volta lavate nel vino e asciugate, si cospargono con un po di pepe macinato.
Esistono appositi "fazzoletti", normalmente formati da budelli aperti e accoppiati, che vanno ammollati nel vino, e distesi su un piano. Qui sopra deve essere posto il pezzo di lombo.
Una variante molto in uso, è mettere prima delle bucce di arancia polposa, fatte a quadratini o a giulienne, senza esagerare nel quantitativo. Una volta pronti, si arrotola il fazzoletto sul pezzo.
Qui si può decidere due modalità di legatura. O si lascia il solo fazzoletto, e si mette una rete da lonze intorno, oppure si prende un foglio di carta per alimenti, si impacca il tutto, e poi con dello spago, il pezzo viene legato facendo un giro di spago ogni due centimetri circa, e si usa lo stesso per fare un cappio per appendere ad asciugare. Quale preferire? Sinceramente non ho trovato differenze sostanziali. Con la rete, il "fazzoletto" rimane sempre adeso, dato che essendo elastica, quanta si stringe man mano che il pezzo asciuga. Con la carta pian piano si creerà una spazio tra pezzo e incarto, ma non si sciupa ne acquista nulla nel sapore. Diciamo che questa è la modalità antica, quando non esistevano le reti elasticizzate.
Di norma i pezzi vanno conservati a temperatura di cantina (12/16 °C), con una umidità di circa il 60 %, cambiando spesso l'aria, ma senza esporre i pezzi a corrente d'aria continua diretta.
Dopo 45/60 giorni i pezzi sono abbastanza maturi (meglio controllare la durezza stringendo il pezzo tra le dita), per poter essere mangiati, o conservati in un sacchetto sottovuoto. La tradizione voleva che fossero pronti per la mattina di Pasqua, dove venivano usati per il primo taglio per la classica colazione tradizionale: Lombetto e salami nuovi, ciaccia (torta) al formaggio, uova sode benedette nel giorno delle Palme, e spesso si aveva arrosto di anatra o d'oca avanzato dalla sera prima, freddo.

Capocollo o scalmarita.
Non conosco persone che usino la versione sott'olio.
La versione conservata a salume è identica a quella del lombetto, ma qui non si usa arancia, di norma.
Il pezzo è notevolmente più grande del lombo, e necessita di tempi decisamente più lunghi per la sua asciugatura

sabato 14 febbraio 2015

Castagnole

Le Castagnole. Un dolce abbastanza comune in tutta Italia, composto da un panetto dolce lievitato chimicamente e fritto, cosparso poi di Alchermes con zucchero, o miele fuso. Chi le fa a sfera, chi schiacciate, chi fritte e chi al forno, chi le lascia cosi, chi le riempie con creme. Mille e mille ricette per farli, tutti strabuonissime, ma in alta Valle del Tevere sono un pomo della discordia senza fine.
Spiego.
Il dolce di per sé, è un impasto profumato, che fritto diventa come in foto.






In vallata invece i mastri pasticceri son riusciti a fare una vera bomba. Una castagnola che è grande più o meno come un avocado, morbida, e quasi vuota dentro. Tutti, ogni singola famiglia ha la sua ricetta, in vero tutte più o meno simili, ma nonostante tutti millantano di riuscire a copiare le pasticcerie con la "bomba" gonfia, nessuno in pratica riesce a copiarla.
Ogni periodo di carnevale è una rincorsa alla nuova ricetta, ed è tutto uno spadellare feroce pur di raggiungere il risultato. Io ancora non sono riuscito a trovare uno solo che riesca ad imitare le "bombe" in tutto e per tutto.
Detto questo, tra le mie numerossime prove, ho raggiunto due risultati che son veramente ottimi, anche se somigliano alla castagnola classica, ma son ben lontane dalla "bomba" dell'Alta Valle Tiberina. Ve le propongo.

Note:

  1. qualunque ricetta seguiate, tenete presente un dato di fatto imprescindibile e uguale per tutte: l'impasto dovrà sempre essere morbidissimo, al limite del quasi liquido, tanto che bisogna bagnarsi le mani di olio per non rimanerci incollati. Quando preparerete gli impasti, controllate sempre questo aspetto. Se l'impasto dovesse promettere durezza, provvedete eventualmente ad aggiungere del liquido onde lasciarlo morbidissimo.
  2. lo zucchero nell'impasto. Vero che molte ricette tendono a dare circa 80 gr ogni 500 gr di farina, rendendo le castagnole molto dolci, ma questo mette in difficoltà chi non ha mano e tende a fare le castagnole troppo grosse. Lo zucchero, quando viene fritto, tende a caramellare, quindi esternamente diventa subito marroncino, e fa credere che siano cotte, quindi le togliamo dall'olio. Purtroppo invece all'interno sono ancora crude o quasi. Dato che i condimenti sono particolarmente dolci, io preferisco stare a grammature quasi dimezzate, tanto il tutto sarà dolce lo stesso. Fate le vostre prove, quindi aumenterete o diminuirete secondo i propri gusti e risultati
  3. quando son presenti nelle ricette uova e liquori, questi ultimi vanno sempre aggiunti quasi all'ultimo, per evitare la cottura delle uova da parte dell'alcool


Ricetta con lievito chimico (tipo Pan degli Angeli)


  1. 500 gr di farina 00
  2. 5 uova medie
  3. 40 grammi di zucchero
  4. 60 gr di olio (arachidi) (alcuni sostituiscono con burro o latte)
  5. la buccia grattugiata di un limone (o una fialetta di aroma)
  6. 50/60 gr di mistrà o rum
  7. 1 bustina di vanillina
  8. una bustina di lievito chimico da 1/2 kg
Ricetta con lievito madre o di birra.

  1. 500 gr di farina Manitoba
  2. 3 uova medie
  3. 40 grammi di zucchero
  4. 60 gr di olio di arachidi
  5. la buccia grattugiata di un limone (o una filetta di aroma)
  6. 50/60 gr di mistrà o rum
  7. 1 bustina di vanillina
  8. un cubetto (25 gr) di lievito di birra (o lievito madre) sciolto in 100 gr di acqua tiepida
Sbattere le uova con lo zucchero molto bene e a lungo. (Aggiungere il lievito di birra sciolto in 100 gr di acqua tiepida, o il lievito chimico, secondo ricetta seguita)
aggiungere la vanillina e la buccia del limone.
Aggiungere pian piano la farina fino circa la metà impastando molto bene (ottima una planetaria con la foglia)
Stemperate il liquore in un po di farina, che aggiungerete pian piano all'impasto assieme all'olio di arachide (o latte o burro fuso)

L'impasto dovrà essere estremamente omogeneo, ben amalgamato. Lavorare a lungo.

Lievito chimico: lasciate riposare pochissimo, diciamo il tempo di scaldare l'olio di frittura.
Lievito di birra: mettere l'impasto su contenitore capiente e mettetelo in forno a lievitare con la lampadina accesa per non meno di un'ora. Tempi più lungi sono caldamente consigliati, Tempi minori no.

Preparate ora una grossa padella a bordi alti, o una casseruola larga. Mettete una buona quantità di olio da frittura, e portatela a 180° C (fate la prova della pallina d'impasto per vedere quando è pronto. Gettando la pallina nell'olio, questa deve tornare subito a galla friggendo. Abbassate il gas e cominciate a cuocere.)

Qualunque sia l'impasto, bagnate le dita delle mani con dell'olio, prendete un pezzo d'impasto tagliandolo, grandezza di un uovo, schiacciatelo leggermente, e tiratelo da due lati. Ora gettate in padella, e giratelo frequentemente. Appena è dorato e smette di friggere, scolarlo e poi sistematelo in una teglia.
La versione con lievito chimico di norma da un consistenza tipo cornetto da bar, quella con lievito di birra, forma dei buchi di belle dimensioni, e risulta estremamente morbido al morso.
Una volta raffreddate potete condirle il mille modi diversi. Quelli in uso da me sono:
- miele fuso cosparso sopra
- alchermes gocciolato sopra con spolverata di zucchero semolato
- bagnarle con alchermes, spolverare  poco zucchero, aggiungere un filo di miele (no, non sono goloso)



Nota a margine. Se un giorno scoprirò la ricetta delle bombe, sarà mia premura scrivere la nuova ricetta.

Buon appetito

domenica 8 febbraio 2015

Ciambelle di San Giuseppe

Carnevale. Quale momento migliore per darsi un po da fare e aggiungere un po di dolce e sfizioso in famiglia?
Oggi vi propongo le mie ciambelle, comunemente chiamate di San Giuseppe. In giro troverete decine di versioni diverse, tutte magnifiche. Io posto due versioni, normale e gigante, che cambiano nel modo di lievitare il tutto. Inoltre apporto una piccola modifica suggerita dal mio cuoco di fiducia, Alvaro (per chi lo conosce), che tempo fa mi ha suggerito un piccolo segreto: se vuoi un dolce morbido, per la parte grassa non usare latte o burro. Il latte ha pochissimo grasso, il burro indurisce il dolce. Usa in sostituzione dell'olio di semi, il migliore è quello di arachide.

A voi la ricetta. Nota: i quantitativi indicati servono per circa 40 ciambelle, potete ovviamente variarli secondo necessità. Sappiate che con questa ricetta, le ciambelle rimangono morbide e gustose per diversi giorni, e non c'è pericolo che avanzino. Diventano come le ciliegie: una tira l'altra.

INGREDIENTI
  1. 250 g di patate lessate in acqua salata
  2. 250 g di farina (preferibilmente manitoba)
  3. 2/3 uova (dipende dalla grandezza)
  4. 25 grammi di lievito di birra 
  5. 20/30 gr di zucchero
  6. 40 gr di olio di arachide.
Sapori da aggiungere a piacimento (anche tutti)
  1. una bustina di vanillina
  2. un limone grattugiato (o una fialetta di aroma limone)
  3. un arancio grattugiato (o una fialetta di aroma arancio)

Sciogliere il lievito nell'acqua. Aggiungere le uova sbattute, lo zucchero.
Aggiungere i sapori scelti tra quelli proposti.
Aggiungere le patate ben passate e la farina. A metà amalgama aggiungere l'olio.

VERSIONE CIAMBELLA PICCOLA



Versare l'impasto in una grossissima teglia (aumenterà di volume di molte volte), o in più teglie. Metterlo a lievitare al caldo, tipo nel forno chiuso con la lampadina accesa. Lasciare per 30/60 minuti minimo. Più attendete più risulteranno morbide.
Finita la lievitazione spargete un po di farina sulla superficie (servirà per maneggiare meglio la pasta). Prendetene una parte, stendetela a mano su una spianatoia, altezza media 1-1,5 cm. Con due bicchieri (uno diametro 10 cm, l'altro circa 5), fate le ciambelle. Se non avete i bicchieri di dimensioni adeguate, potete fare delle specie di grossi grissini, e poi tagliare dei pezzi e aggiuntarli dandogli la forma circolare. Togliete di mezzo la pasta avanzata, che reimpasterete leggermente per le successive, e con l'aiuto di una spatola spostate le ciambelle su un lato della spianatoia e copritele con un canovaccio. Finita la preparazione delle ciambelle, preparate una padella profonda con olio da frittura, e portatelo a 180° circa.
(la prova per vedere se l'olio è al punto giusto si può fare prendendo una piccola pallina di impasto e gettatelo in padella. Quando questo viene subito a galla friggendo, siete a temperatura giusta. Abbassate il gas al minimo e procedete)
Prelevate le ciambelle dalla spianatoia con la spatola, e mettetele in padella. Girate abbastanza spesso fino all'indorimento. (Nota: lo zucchero immesso nell'impasto tende a caramellare all'esterno e fa "bruciare" la superficie esterna. Dato che le ciambelle sono iperzuccherate, meno se ne usa, meno si brucia la ciambella, meno rischiate che al suo interno rimanga cruda).
Scolate su della carta le ciambelle cotte, e quasi subito, immergetele in una ciotola dove avrete messo dello zucchero semolato. Rigiratele per cospargerle tutte, e mettetele a freddare in una teglia pulita.

VERSIONE CIAMBELLA GIGANTE



Una volta preparato l'impasto, create sin da subito le ciambelle, e stendetele sulla spianatoia, lasciando molto spazio tra le stesse. Copritele abbondantemente e tenetele in ambiente caldo. Le ciambelle lieviteranno già in forma, diventando gigantesche. Nulla cambia nelle sequenza di frittura successiva.

martedì 6 gennaio 2015

Parmigiana di gobbi

Non stiamo parlando di cucinare il famoso Gobbo di Notre Dame de Paris, sarebbe troppo duro da cuocere, ma del comunissimo CARDO GOBBO, detto in dialetto semplicemente "gobbo".




E' un piatto gustosissimo che richiede diversi passaggi, ma il risultato ne vale la pena.
Come si prepara genericamente da noi
Si separano i singoli gambi, si lavano, si tagliano a pezzi più o meno di 8/10 cm, si tolgono le parti dure (bordi e fili delle nervature), e si mettono a bagno in acqua acidificata con qualche goccia di limone o aceto, per non farli annerire.



Le foglioline a ciuffi centrali sono scartate.
Si prepara una pentola con acqua salata, e si fanno lessare. La cottura è variabilissima, e può durare dai 15 ai 40 minuti. Se son troppo dure, potete accelerarne la cottura con un cucchiaino di bicarbonato (in questo caso probabilmente assumeranno una colorazione verde intenso. Non preoccupatevi, il gusto non cambia)
Scolateli, e stendeteli su un canovaccio premendoli con lo stesso, per eliminare l'acqua in eccesso.


A questo punto preparate una pastella sbattendo due tre uova (secondo grandezza del cardo), aggiungere della farina, un pizzico di sale. Se vi piace il fritto a pastella schiumosa, aggiungete farina fino ad una certa consistenza abbastanza soda, e aggiungete un po di birra. Miscelate dolcemente. Il risultato finale dovrà essere abbastanza liquido, tipo la consistenza un po più morbida di uno yogurt
Nota: questo sistema permette di avere una bella frittura finale corposa, ma quasi inesistente, impalpabile, dato che la pastella che rimarrà adesa sarà finissima di spessore e schiumata. Volume senza eccesso di pasta che azzera i sapori del fritto.
Scaldate dell'olio in un padella (ordine di scelta: strutto, arachide o misto per fritti, girasole, altri oli) e friggere i vari pezzi scolandoli quando diventano dorati. Dato che i gobbi a questo punto già diventano irresistibili, rubate pure un pezzetto per soddisfarvi il palato, ma lasciatene per il passaggio successivo.


Nel frattempo avrete preparato del sugo di carne (semplice carota sedano cipolla e salsiccia con pomodoro va benissimo). Da noi se possibile preferiamo preparare il sugo con le vertebre di maiale spolpate.
Ora prendete una teglia, mettete un leggero strato di sugo.
Stendeteci sopra i pezzi adagiandoli sul lato più largo, e mettendoli uno accostato all'altro. Ricoprite con altro sugo, non troppo, e spargete un'abbondante strato di parmigiano grattugiato.
Ricominciate con un'altro strato di gobbi fritti, e ripetete sugo e parmigiano.
Alcuni amano mettere della mozzarella asciutta a pezzetti, sia nello strato intermedio che sopra.
Infornate a 220 ° per 30/45 minuti (il tempo dipende dall'altezza totale raggiunta, si deve fondere il parmigiano e asciugare un po il sugo).
Servire caldi.