Creare un
vino....arte millenaria con mille risvolti diversi, ma con mille varianti
diverse, una per ogni vino esistente, ma con delle regole generali di base
quasi uniche per tutti. NB: esistono siti ben più specializzati ed esperti di
questo, diciamo semplicemente che ho scritto ciò che io ho capito, ma che
soprattutto faccio da ormai qualche anno, tra esperimenti ormai consolidati,
altri in continuo apprendimento.
Ma partiamo
subito. Vini. Ne esistono di bianchi, rossi, rosati, da pasto, da antipasto, da
pesce, leggeri, corposi, fermi, frizzanti, dolci, spumanti etc. Per ora ho
iniziato ..con il più semplice, direte voi. No affatto, col più complicato,
cioè col cosiddetto Fragolino, cioè prodotto utilizzando appunto l'uva
fragola....la più contestata di tutte.
L'uva
fragola è un tipo di uva particolare, nota anche come uva americana nata da un incrocio
di uva americana appunto, ed europea, con poco grado alcolico, e un sapore
marcato di fragola, appunto. La sua caratteristica principale, è che la pianta
non è soggetta a nessuna delle malattie che ammorbano le altre specie, tipo la
fillossera, resiste al freddo, all'azione di insetti e parassiti. Tanto è, che
ad oggi ogni vitigno esistente, viene innestato nella radice di questa specie.
Allo stesso tempo è un vitigno che puoi strapazzare come vuoi, potare a cavolo
come vuoi, ma lui resisterà sempre, e a meno che non lo estirpi, troverà sempre
il modo di sistemarsi a modo e ricominciare a vivere e produrre. E ogni anno la
sua produzione ha dell'incredibile, quantitativamente parlando. Una piccola
nota storica. Introdotta in Europa all'incirca nel 1500, secondo tradizione,
portata niente di meno che da Cristoforo Colombo. SI sviluppo moltissimo a
causa della sua malleabilità, ma creò uno....scostamento economico rispetto ai
vitigni indigeni, che producevano vini nobili di ben altra struttura e
consistenza, ma con difficoltà produttive enormi. Tanto che, nel 1931, venne
emanata una legge che impediva la vendita del vino prodotto con tale vitigno.
Vendita pubblica, ma non produzione ne vinificazione in proprio.
Un
problema reale del fragolino è la possibilità di produrre alcol metilico, come
sappiamo altamente tossico. Studi continui hanno identificato come responsabile
unico il raspo della vite. Significa che se il raspo viene allontanato dalla
vinificazione, il rischio metanolo non esiste. O meglio, a onor del vero, ne
rimane una quantità residua proveniente da bucce e vinaccioli, ma molto piccola
e al di sotto di limiti pericolosi, e ciò perchè essendo un vino a bassa
gradazione e a bassa fermentazione, non si farà macerare il mosto per lunghi
periodi come per i nostri vitigni, ma solo per pochi giorni. Inoltre il fatto
che verrà forzato il tenore alcoolico dello stesso, fa si che non viene
utilizzato come un vino da pasto, ma solo come un vino da dolce, o fine pasto,
o meglio ancora...come il miglior accompagnatore delle caldarroste. Quindi la
possibilità di assumere quantità importanti di metanolo è assolutamente da
scartare.
E
cominciamo co gli aspetti generali, per poi addentrarci nei particolari dello
specifico.
Le uve.
Le uve, tutte, andrebbero raccolte nel loro momento di maggior maturazione. Ciò
cambia moltissimo a seconda del vitigno, partendo dagli ultimi di agosto,
avendo la maggioranza delle specie che maturano tra settembre e ottobre, e
arrivando alle specie che vengono raccolte molto tardive, novembre e dicembre.
Alcune poi si aspetta che congelino sulle piante, tipo a -7/-8, prima di essere
lavorate. Altre poi, soprattutto per i passiti, vengono raccolte e appese ad
essiccare in casa, e lavorate solo quando saranno ben appassite.
Principio
generale: meno matura è l'uva, più acido sarà il risultato, meno zucchero sarà
presente, più acqua sarà ancora contenuta nel chicco, meno gradi alcolici
saranno raggiunti. Occhio però non esagerare, perchè se è vero che più avanti si raccoglie, più zucchero si ottiene e quindi più alcool, è anche vero che passato il momento giusto di maturazione, si cominciano a perdere alcune caratteristiche degli oligofenoli, quindi sapori classici, con l'instaurarsi di altri. Questo fattore può essere una perdita o un vantaggio cercato, dipende moltissimo da cosa poi dovremo ottenere, e solo l'esperenza o l'aiuto di enologi o altri coltivatori potranno farci prendere la decisione migliore.
Più sarà
matura più sarà tutto il contrario. Ogni vino che si intende produrre ha le sue
regole e disciplinare, quindi i tempi varieranno moltissimo e saranno tutti
legati al risultato finale da ottenere. Inoltre c'è da considerare le zone di
produzione, nel loro microclima. Esistono zone piovose, che indurranno a
raccogliere prima, sia per evitare che i chicchi siano zuppi di inutile acqua,
sia ad evitare l'insorgenza di anomalie tipo muffe o parassiti che potrebbero
mandare tutto a monte. Al contrario, zone calde e soleggiate, avranno una
raccolta molto più avanzata, molto più zuccherina, e con risultati di vini
molto più forti e strutturati. Due esempi: un Pinot triestino e un Nero D'Avola
siciliano; due vini ottimi ma con strutture totalmente diverse.
Per ciò
che riguarda il fragolino, cercheremo di raccogliere più avanti possibile, tipo
metà, fine novembre, tenendo pero conto del periodo climatico, evitando di
raccogliere immediatamente dopo una serie di piogge.
L'uva
cosi raccolta deve subire una serie di passaggi che sono praticamente simili
per tutte, tranne le varianti messe in atto appositamente per il particolare
tipo di vino che andrà prodotto. Elencherò le varianti principali, per poi
soffermarmi nello specifico del fragolino, lasciando ad ognuno le sue ricerche
in merito al vino specifico.
FASI
DELLA VINIFICAZIONE
Diraspatura
e pigiatura
Fermentazione
alcoolica
Misurazione
zuccheri nel mosto
Svinatura
Fermentazione
maleolattica
Travasi e
imbottigliamento
Diraspatura
e pigiatura
I
grappoli raccolti devono essere controllati e ripuliti da chicchi macerati,
malati, ammuffiti. Nel caso di grosse produzioni ci si accontenta di una
pulizia di massima fatta in raccolta, per poi azzerare microrganismi diversi
prima della fermentazione utilizzando dei disinfettanti appositi (solfiti). Se
la quantità è modesta, conviene ripulire grappolo per grappolo. Vengono
allontanate foglie, insetti, e raspi, utilizzando solo il chicco. Nei processi
industriali vengono utilizzate apposite presso diraspatrici, che tolgono il
raspo e schiacciano il chicco.
Fermentazione
Il
mosto cosi ottenuto viene messo in fermentazione, e qui c'è già la prima differenziazione
a seconda di cosa si vuole ottenere. Ricordo che si ottiene vino bianco anche
da uve rosse, cambia solo ciò che viene descritto di seguito.
Vino
bianco: dopo la pigiatura, le vinacce vengono subito allontanate eseguendo
immediatamente la torchiatura, e farla seguire dalla fermentazione alcoolica.
Vino
rosato: per questo si fa una vendemmia leggermente anticipata, ricercando un
gusto leggermente più acido. Dopo la pigiatura, segue due strade possibili. La
più comune è lasciare vino e vinacce a fermentare per un massimo di due giorni,
poi torchiare, e far seguire la fermentazione in bianco. L'altro sistema,
chiamato salasso, consiste nel separare una piccola parte di mosto a cui si
farà seguire la fermentazione in rosso, mentre l'altra sarà trattato con
fermentazione in bianco, Alla fine i due prodotti saranno riuniti, formando
appunto il rosato. Questo secondo metodo viene considerato come meno nobile
(champagne Rosè).
Vino
dolce: il mosto vien fatto fermentare con le vinacce per pochi giorni, da 4 a 6
giorni soltanto, in quanto si deve salvare parte della base zuccherina, che non
dovrà diventare alcool.
Vino
rosso: a seconda del corpo finale del vino, dell'invecchiamento che dovrà
subire, la fermentazione con le vinacce deve andare da 5 a 40 giorni.
Durante
questa fermentazione, avviene la trasformazione dello zucchero in alcool.
Tanto più
sarà lo zucchero presente tanto più grado alcoolico otterremo.
Altri
aspetti che modificano la fermentazione:
Pulizia
dei contenitori e attrezzatura: è opportuno quasi sterilizzare ogni elemento
che usiamo, onde evitare l'introduzione anomala nel processo, di qualsiasi
elemento che potrebbe mandare tutto all'aria. Esistono prodotti appositi, con
cui semplicemente lavare le attrezzature, e poi sciacquare con cura.
Uso di
solfiti (metabisolfito di potassio unito con acido ascorbico): serve a
sterilizzare i batteri naturali e lascia spazio ai lieviti
"artificiali". Si usa soprattutto quando le uve non sono perfette e
potrebbero inserire in processo dei lieviti o muffe non buone. Non obbligatorio.
Uso di
lieviti: sono lieviti naturali ma usati appositamente per una buona e veloce
fermentazione, tipo il Saccharomyces Cerevisiae, che si possono utilizzare
assieme ad attivatori specifici. Fanno si che la fermentazione avvenga con
velocità regolarità, senza produzione di elementi anomali
Temperatura:
ogni vinificazione ha la sua temperatura ottimale di processo, da verificare e
controllare sia in mancanza che in esubero.
1-Vini
dolci o rossi 24°-30°, e non deve assolutamente superare i 30°. Se inferiore si
ferma, se superiore si sterilizza. Di norma o si ha il locale attorno ai 20°, o
vengono usati sistemi di riscaldamento. Per frenare invece la temperatura alta,
si usano serpentine che girano attorno al contenitore e nel mosto, in cui
scorre acqua raffreddata.
2-Vini
bianchi 18°-21°
I
contenitori in questa fase devono essere coperti ma non sigillati, in quanto
deve avvenire scambio e apporto di ossigeno.
Rimontaggio
Durante
ogni tipo di fermentazione con vinacce, si forma alcool e anidride carbonica.
Questa tende a far galleggiare le vinacce creando più calore al mosto, e
inoltre vanificando la presenza delle vinacce nel mosto stesso, dato che le
allontana. Quindi è indispensabile che almeno due tre volte al giorno si esegua
una miscelazione della parte liquida del mosto con quella solida. Per grossi
quantitativi esistono anche delle pompe apposite, che prelevano il mosto dal
fondo del contenitore, e poi spruzza sopra le vinacce. Questo sistema serve
anche per raffreddare eventualmente il fermento.
Misurazione
zuccheri nel mosto
Appena
abbiamo finito di preparare il mosto coi suoi componenti, va fatta la
misurazione dei gradi zuccherini, e verificare se il grado alcolico finale si
attesta su quanto previsto di produrre. Esistono dei densimetri ottici molto
precisi e assai poco costosi, che attraverso diversi tipi di gradazione, ma
tutte equivalenti, ci dicono quanto sia lo zucchero presente, e quanto ci si
aspetta di alcool potenziale. Se il vino dovesse risultare troppo scarso, si
può utilizzare del mosto concentrato apposito, nella misura di 3l/hl, che
aumenterà il grado zuccherino e relativo risultato alcoolico. Nel vino da
vendere è vietato usare sistemi "casalinghi" tipo aggiunta di
zucchero da cucina, ma se abbiamo una produzione casalinga, destinata ad uso privato,
e di volume limitato, possiamo anche chiudere un occhio e aggiungere, facendolo
sciogliere prima con parte del mosto, un po di tale zucchero.
Da tener
presente un particolare che poi vedremo meglio in dettaglio: nei vini dolci, va
lasciata una parte di zucchero presente, che darà appunto il sapore dolciastro
finale del vino stesso.
Dunque:
la fermentazione spontanea si arresta se:
1- il
grado alcoolico raggiunto supera i 16.5°
2-il vino
viene microfiltrato per eliminare i fermenti
3-si
usano sistemi di pastorizzazione
Se in una
produzione industriale si useranno sistemi più naturali possibile, o più
dispendiosi, diciamo, in una produzione minima casalinga conviene decisamente
scegliere il far raggiungere velocemente il grado alcoolico necessario. Quindi
si puo non lesinare nello zucchero aggiunto, che tanto poi andrebbe reintrodotto
alla fine del processo, oppure se non sono proprio solo 10-20 litri in tutto,
si può eccedere col mosto concentrato. L'alcool raggiungerà brevemente il grado
previsto (4-6 giorni), la fermentazione si ferma, e si può procedere con la maleolattica
oppure passare direttamente alla chiarificazione. Se a prescindere non si è
raggiunto il grado alcoolico necessario, solo in ambito casalingo, si può
aggiungere alcool etilico da cucina fatti gli opportuni calcoli.
Svinatura
Quando il
processo di fermentazione si ferma, a seconda del vino che abbiamo in
produzione, si puo passare alla torchiatura (nel caso di mosti con vinacce) o
meno. E' bene non esagerare con la spremitura, dato che alla fine escono più
che altro rifiuti solidi (feccia) che poi andranno filtrati e rimossi, che
vino. Darsi una regolata.
Il vino
subisce una prima filtrata di sgrossatura, da eseguire con panni, teli di
tessuto non tessuto, o usando apposite pompe dotate di filtri che hanno diverse
porosità, a seconda della filtrazione che stiamo eseguendo.
Fermentazione
maleolattica
Il vino
di risulta viene inserito in contenitori che possono essere sigillati (botti di
acciaio, cemento, damigiane etc). Precisando che anche qui ci sono decine di
metodiche diverse a seconda del tipo di vino, genericamente si procede cosi:
sul tappo va inserito un gorgogliatore, che non è altro che una specie di
bicchiere con un piccolo tubo interno, che collega il contenitore con l'esterno, sfogando in una campana immersa normalmente in semplice acqua, e che servirà per far uscire i gas che si formano, ma che impedirà all'aria, quindi all'ossigeno, di entrare. La fase
successiva che avverrà avviene in assenza di ossigeno, che sarà prontamente
consumato dal mosto, è la fermentazione maleolattica, cioè la trasformazione
dell'acido malico, amaro, in acido lattico, più amabile, produrrà CO2, che andrà
cosi a saturare l'aria presente.
Questa
fermentazione permette al vino di prendere corpo, diventare più rotondo, più
gustabile, arricchendosi di tanti elementi gustativi. A seconda del vino: chi
la fa, chi la salta, chi imbottiglia direttamente post filtrazione......... di
sicuro è opportuno che nella norma venga fatto questo passaggio, per far pulire
il vino da tutti i residui solidi formati o che si formeranno, effettuando
opportuni e successivi travasi. Il contenitore deve essere ben pieno e con meno
aria possibile. Nel caso ci fosse troppa aria, per non correre rischi, meglio
mettere una pasticca antifioretta. La pasticca in questione non è altro che
paraffina con sesamo, che si scioglierà pian piano e coprirà la superficie del
vino, impedendo la fioretta e successiva acetificazione. Se ne usa una da 20 a
200 litri di vino. Eventualmente proporzionare.
Però
attenzione, affinchè si inneschi la fermentazione maleolattica, dovranno
ricorrere alcuni elementi: tenore di alcool inferiore ai 15°, temperatura di
cantina sui 18-20 gradi, assenza di ossigeno, vino non sterilizzato con
extrafiltrazione o con metabisolfito.
Quindi,
una volta finita la fermentazione alcoolica, la sosta nei diversi contenitori,
serve soprattutto per la pulizia del vino da tutti gli elementi sospesi. Per
questo si effettueranno i travasi di cui al seguito. In primavera poi comincerà
la maleolattica, evidenziata dell'inizio di produzione di CO2 sotto forma di
bollicine dal gorgogliatore. Se questa è cercata, ma non ottenuta, si possono
aggiungere lieviti appositi, tipo Oenococcus ocenii. La maleolattica, fatta con
opportune sequenze e contenitori, fa si che si ottengano sapori particolari
nella maturazione e invecchiamento del vino. Ma anche sull'aggiunta dei lieviti
per la maleolattica esiste tutta una scuola di azione, con tempi ben diversi a
seconda del vino da produrre. C'è chi li aggiunge già con la fermentazione
alcoolica, chi durante, chi alla fine, chi in primavera.
Se non
serve che avvenga, si otterrà un vino giovane, fermo o frizzante, e anche i
dolci ne fan parte.
Filtrare
ad alti livelli il vino, significa fermarlo, sterilizzarlo, pulirlo, lucidarlo.
Aggiungere
elementi zuccherini e imbottigliare, produrrà vini dolci e frizzanti (occhio
all'uso di bottiglie idonee a seconda di cosa vien prodotto).
Travasi e
imbottigliamento
Ogni
20-30 giorni è opportuno togliere il vino dal contenitore, e travasarlo in un
altro.
Il tutto
va fatto con dolcezza, onde non riportare in sospensione le particelle solide,
e facendo prendere meno aria possibile al vino. Ciò può essere evitato se si possiede
una pompa filtrante, dato che penserà questa alle funzioni di defecciatura,
nonchè di brillantezza di vino finale.
A fine
primavera, come minimo, si procede al trasferimento finale in bottiglia.
Qui va
deciso se rimettere di nuovo dei solfiti, onde evitare una eventuale
rifermentazione in bottiglia. Le bottiglie cosi preparate vanno tappate con
tappi di sughero paraffinato, o quelli siliconati, o tappi in plastica. Per
vini dolci che potrebbero rifermentare un po, o a cui è stato aggiunto l'ultimo
zucchero, è meglio optare per una bordolese, nel caso di vini molto
frizzantini, meglio usare una champagnotte, più spessa, per un fermo va bene
anche la mantovana. Verde per i rossi, verde scuro per rossi importanti, bianca
per i bianchi.
Anche per
i tappi esiste una scelta: per i fermi va benissimo sughero, per i frizzanti
che devono sopportare la pressione, meglio uno in plastica con gabbietta.
Le
bottiglie poi possono essere etichettate, riposte possibilmente reclinate, e il
più possibile al buio.
I bianchi
di solito devono essere consumanti entro uno-due anni, i rossi morbidi entro
tempi ragionevoli, i rossi importanti con molto corpo, possono essere anche
invecchiati per parecchi anni. Occhio a non esagerare, siate sicuri della
stabilità del vostro vino, perchè non è impossibile che se fate invecchiare
troppo un vino debole, non vi ritroviate a stappare una bottiglia di.....aceto
sopraffino.
Elementi
di lavorazione CASALINGA del fragolino
Ed eccoci
a come produrre il fragolino, dopo un rapido e incompleto escursus sulla
vinificazione in genere.
Uva:
raccogliere il più tardi possibile, tipo metà fine novembre, possibilmente non
subito dopo una serie di piogge.
Se
proprio necessario, dare una sciacquata veloce, cercando di sgrondare bene
l'acqua residua. Se possibile evitare.
Eliminare
ogni acino di uva compromesso, ogni acino eventualmente non maturo, e ogni
raspo.
Pigiare
gli acini cercando di spappolarli al meglio
Inserire
in contenitore chiudibile (es scatola di plastica), miscelare il tutto a
controllare i gradi con mostimetro. Il tenore di alcool probabile deve superare
i 16.5°.
Se non si
arriva a questo quantitativo, si può scegliere tra l'aggiungere zucchero, o
aggiungere alcool a fine dei 6 giorni per stoppare la fermentazione. (se avete
un quantitativo importante, ma considerate l'idea di usare il mosto
concentrato. A parte che è più naturale come scelta, non preoccupatevi di
esagerare col mosto, perchè tanto il risultato finale DEVE essere dolce.
Possibilmente
tenere il contenitore al caldo, non è male usare un sistema termostatato con
sonda, che applica calore tenue ma costante al fine di raggiungere una
temperatura di esercizio di 25-28 gradi.
Al mosto
cosi preparato va aggiunta una quantità giusta di metabisolfito (60 mg/l) con
acido ascorbico (enologia, farmacia) proporzionata con il peso del mosto.
Questo servirà a togliere di mezzo batteri non voluti e accidentalmente entrati
in produzione, che potrebbero alterare il vino.
Allo
stesso tempo si aggiungono i lieviti, sempre proporzionali al quantitativo, e
si miscela il tutto molto bene.
Una nota
sugli zuccheri. Un vino amabile, cioè non estremamente dolce, contiene dai 30
ai 50 g/l di zucchero
Con la
misurazione dei gradi brix, o badoo etc, si hanno i grammi presenti (1 grado
brix = 1 kg, zucchero su 100 l di mosto, cioè 10 grammi/litro).
Per
alzare 10 gradi Brix, cioè 1 grado alcoolico, occorreranno all'incirca 1,7
kg/hl di zuccheri per i bianchi, e 1.8 per i rossi.
Gli
obiettivi? Avere almeno 16.5-17 gradi alcoolici finali per bloccare la
fermentazione, e tanto zucchero residuo per rendere dolce il vino, e seconda
della dolcezza da ottenere.
E qui
vanno fatti dei calcoli.
Quanti
gradi ho di partenza, quanti me ne occorrono per arrivare al grado alcolico,
quanto è il volume del mosto. Poi ci sarebbe la quantità di zucchero finale da
lasciare interrompendo la fermentazione alcoolica. Teniamo presente che
l'obiettivo per adesso è raggiungere la gradazione alcolica, per quanto
riguarda la parte zuccherina, si fa anche in tempo a riaggiungerla al momento
dell'imbottigliamento, nel caso non ne fosse rimasta a sufficienza.
Un
piccolo ragionamento extra. In Italia, Grecia, Spagna e Portogallo è vitata
l'aggiunta di zuccheri al mosto. Germania e Francia invece è permesso. Cosa
cambia? Assolutamente nulla. Il saccarosio, che sia dell'uva, da barbabietola o
canna è tutto identico. Il problema nacque nel 1918, quando venne fatto un
regio decreto che obbligava a mettere solo mosto proveniente dalle regione del
sud, cioè una mera operazione commerciale. Ora, se nel discorso zucchero non
cambia nulla, può cambiare un tantinello nel discorso sapori, dato che i mosti
forti del sud apportano anche, appunto sapori. Anche se, considerando che se ne
usa 3 litri ogni 100 di mosto.......
Almeno
due volte al giorno rimestare le vinacce venute a galla per la formazione di
gas col vino sottostante.
Dopo 4-6
giorni, si controlla il grado alcoolico con un mostimetro, e raggiunto il
limite minimo di 16,5 gradi voluto, si passa alla torchiatura.
Si da una
prima filtrata di massima, usando o gli appositi filtri, o del semplice tessuto
non tessuto, e si imbotta in contenitore sigillabile (damigiana, acciaio etc),
inserendo un gorgogliatore di sicurezza, e una pasticca antifioretta, prima di
chiudere. Pasticca che andrà sostituita ogni mese.
C'è chi
mette olio di vaselina in superficie, il risultato è identico, è solo più
difficile separare l'olio nelle fasi di travaso.