giovedì 4 giugno 2020

Impasti lievitati

E ci siamo decisi a preparare il nostro pane o la nostra pizza, normale, particolare, non importa: la base da cui partire è uguale per ogni cosa che produrremo, ma le partenze possono essere diverse secondo gusti e aromi e alveolature e piaceri che vogliamo ottenere. La scelta finale la potrete fare a vostra scelta, facendo prove, piu prove invero perchè un singolo tentativo "non fa farina", finche trovarete il modo a voi più congeniale o con cui riuscirete meglio a fare i conti, soprattutto per come siete organizzati nella vostra cucina.
Prima suddivisione: impasti (impasti diretti), preimpasti (impasti indiretti), senza impasti.

Gli impasti diretti vengono effettuati per preparazioni veloci, e son nati soprattutto da esigenze commerciali di fornire prodotti a rapida disponibilità.Questo tipo di impasto è caratterizzato dall'unione immediata e contemporanea di ogni ingrediente, acqua, lievito, farina, sale e quant'altro serve per a ricetta. Pizze in un'ora o poco più, impasti al 50% di idratazione, con enormi qualtità di lievito (normalmente 25 grammi per ogni 500 g di farina), uso di farine comuni a bassissima forza (farine da supermercato comuni) con proteine <= 10 g. Un qualche prodotto esce, anche esteticamente appetibile, ma manca decisamente gusto e soddisfazione. Sembra di usare un kit di montaggio, tipo montare mobili Ikea; l'armadio alla fine lo avete, ma vuoi mettere con un'opera artigianale fatta con cuore? Il prodotto esce fuori per forza utilizzando forti quantità di lieviti, ma ciò non significa che si possa ottenere anche il gusto relativo.

Gli impasti indiretti o preimpasti: lo scopo di questi è di usare il minimo quantitavivo di lievito che serve solo da starter, poi tutto il resto, combinando con maestria tempo e temperatura, oltre ad acqua e lavorazione, danno un profumo ed un aroma al prodotto che non ha uguali, danno una croccantezza esterna e una morbidità interna, favorita anche da un bella alveolatura, per cui ogni boccone sarà una delizia. qui riassumerò le regole principali, lasciando poi a voi impazzire per trovare altri sistemi e modalità di combinazione degli elementi.
Gli indiretti si dividono per tipo di consisenza del preimpasto, quindi avremo:
- biga, se l'impasto  semisolido (metodo tutto italiano derivante dal fatto che in Italia non abbiamo farine con grandi forze, quindi bisognava rimediare fortificando indirettamente gli impasti). Pur nelle sue infinite varianti (ogni panificatore o piazzaiolo vi indicherà sistemi potenzialmente diversi che ha sperimentato), voi dovrete trovare il vostro standard di riferimento facendo diverse prove, fino ad ottenere quello per cui le Vostre condizioni culinarie (ambiente, farine, acqua, lievito, tipo di forno) daranno il risutato migliore. Ogni regola e suggerimanto dato è di per se buono, ma voi dovrete trovare i vostro personalissimo, partendo da una ricetta, e variano eventualmente un prametro per volta, finchè non trovate la combinazione più corretta per voi. L'uso della biga richiede tempi medio lunghi di prelievitazione, tempi lunghi di impastamento in cui è consigliato esclusivamente l'uso di mezzi meccanici tipo planetarie, ma di contro si possono ottenere alveolature eccezionali e una durata in freschezza anche di una settimana del pane prodotto.
- poolish, se l'impasto è semiliquido. Richiede tempi brevi di lievitazione, ma che non si possono superare; quando è pronto va lavorato e non si possono allungare i tempi. I risultati ottenuti col poolish sono alveoli piccoli ma ben distibuiti, un prodotto croccante, e un sapore pungente grazie all'acido acetico e alccol prodotto dal preimpasto. L'uso più idoneo è per la produzione di Baguette, cosi come scoperto da un panificatore polacco nel XIX secolo.
- licoli, (o li.co.li= lievito in coltura liquida) che però rappresenta più una variazione del tipo di lievito usato che non il tipo di lavorazione successiva. Viene usato per ottenere grandi morbidità finali, ma di contro hanno tempi lunghissimi di lavorazione e lievitazione.

Lieviti: il lievito di birra è quello normalmente usato per produrre gli impasti diretti o indiretti, in quantità notevolmente diversi a seconda del processo in atto.
Alcuni studiano ed usano lieviti autoprodotti, a cui attribuiscono notevoli potenzialità organolettiche e salutari: lievito madre e licoli. Due parole su questi. Innanzi tutto non si usa il lievito di birra come starter ma si lascia che il composto acqua e farina stimoli la produzione di lievito grazie ai fermenti (muffe e batteri) presenti sulla ferina stessa o nell'aria. Alcuni partono da acqua con miele o frutta fermentata opportunamente, a cui poi aggiungono farine in proporzioni variabili, con rinfreschi periodici e via dicendo. Considerazioni: sulla qualità organolettica non mi esprimo, ognuno ha i suoi gusti, a chi piace il pane acidulo e saporito, a chi piace più neutro. Sui dolci, nonostante le cose dette, non si apprezzano differenze valide da giustificare tanta fatica. Morbidezza, alveolatura etc  non dipandono dal lievito, ma dalle fasi di lavorazione successive. Per fare un prodotto con madre o licoli, occorrono quantità molto alte di questi preparati. I batteri che fermentano la farina sono sostanzialmente simili a quelli del lievito di birra. Di contro alcuni studiosi ci avvertono che, mentre il lievito di birra da il preparato da subito ad un massimo di 48 ore, producendo acida lattico o acetico, che contrasta la crescita di altre muffe patogene, ciò non è assicurato nel madre e nel licoli. In pratica nei due la lievitazione avviene, ma sembra senza la produzione di parti acide (e infatti i prodotti sono più "dolci") però se il tutto non avviene in ambiente ben controllato, si rischia di ingerire potenziali tossine. Vero non vero? Se avete voglia di sperimentare questi due forme di lievitazione, vi consiglio solo di andare su siti seri, e di procedere seguendo alla lettera quanto consigliato, e buon divertimento. Inoltre una lievitazione con lievito madre è necessariamente molto più lunga, perchè notevolmente più lenta di quella derivante dal lievito di birra. Ciò si tradurrebbe in maggiori tempi di maturazione, con conseguenti sapori aggiunti molto più marcati
 
Note:
Lievito di birra. 
Esiste in forma fresca, della durata di circa 1 mese, che volendo si può frazionare e congelare
Esiste anche la forma liolfiizzata, identica nel contenuto, diversa nell'uso. Intanto diciamo che il rapporto lievito fresco / lievito secco è di circa 3,5, cioè 25 grammi di fresco corrisponde a 7 grammi di secco.
Poi diciamo che fresco si può aggiungere a pezzetti alla farina (consigliato se poi si usa una buona impastatrice) oppure si può sciogliere nell'acqua (calda a T25/35°) o fredda, secondo ricetta. metre il secco si unisce alla farina unitamente a una piccola parte di zucchero (vedi istruzioni del produttore)

Lievito madre
Se non viene autoprodotto, perchè magari è una procedura abbastanza lunga, o non si fanno cosi spesso degli impasti per cui viene sprecato, si può trovare già pronto in commercio in forma secca. DI norma ne viene usato 35 grammi ogni 500 di farina, e tra i consigli d'uso c'è quello di bagnarlo con acqua e zucchero, prima di inserirlo nell'impasto. Ovviamente togliere dalla quantità totale di acqua da usare, quella usata per il lievito. Dicono anche che mentre quello fresco. Sembra inoltre che il risultato sul tema sapore sia diverso, più da acido lattico il fresco, e più da acido acetico il secco. Notare comunque che al secco viene sempre aggiunta una piccola parte di lievito di birra, dato che ha bisogno di uno "stimolo" a far ripartire la lievitazione. Per il mio parere: se volete sperimentare preparati con il lievito madre, sforzatevi di seguire le mille indicazioni in rete, e fatelo da soli.
Licoli: tradotto è un lievito madre che parte da un'euquale quantità di farina e acqua....ma non è tutto. Moltissimi aggiungono starter naturali, come yogurt, mele etc etc. E qui si va nel mondo dell'impossibile. Chi dice che alla fine si rischia di più, chi dice che aggiungere elementi signfiica dare sapori forzati, altri dicono invece che dopo un paio di rinfreschi il sapore frutato si perde comunque... morale? E' un gioco per chi ha tempo di leggere e sperimentare, io rinuncio.

Quanto lievito usare?

Una delle cose che leggiamo spesso, è la “rincorsa” all’uso di quanto meno lievito sia possibile. 
Moda o cosa utile? Decisamente una cosa utile. Usare troppo lievito significa non poter controllare la maturaIone, spingere al “gas” in tempo troppo ristrettì, quindi l’impasto alla fine sarà pronto per la cottura in tempo troppo brevi, e con risultati organolettici non consoni. 
Quindi quanto ne va usato? Prescindendo dal fatto che ognuno dovrà al solito trovare la sua perfezione a seconda di stagione e propri locali e modo di lavorare, possiamo dare uno schema di massima, in base alla temperatura ambiente (o di fermentazione) 
Dati in grammi per kg di farina

Ldb fresco ldb secco temperatura
3,5.                1.           20-30
5,25.              1,5.        22-26
7.                    2.          16-21
8,75.               2,5.        10-15




Passiamo alle singole procedure di biga e poolish.

BIGA

Si possono fare essenzialmente due tipi di bighe: biga corta e biga lunga.
Farina W 260-300 (dal 10 al 40 % per il pane, fino al 100 % per pizza in teglia)
idratazione: con acqua fredda (dal 44 % per 16-20 ore di maturazione, a 50 % per utilizzarla dopo 12 ore) (regola della tempertura dell'acqua 55. Cioè: per indicazione diciamo che la farina ha una temperatura che va dai 18 ai 20 gradi. Se la temperatura della stanza è di 20°C e la temperatura della farina di 18°C, l’acqua dovrà essere a 17°C perché bisogna calcolare 55-20-18 = 17. Siccome nessuno misurerà mai nulla, useremo acqua di rubinetto in inverno, e acqua in frigo d'estate.
Lievito: usare l'1 % del peso della farina usata in biga. Tenere presente che per piccoli quantitativi, a meno di possedere bilancia da orefice, è impossibile misurare 0.5, 1 grammo di lievito o simile. Un quantitativo leggermente superiore non inficia nulla. Io prendo i cubetti da 25 grammi e li divido in circa 5 fette /5 grammi l'una), e li faccio congelare. Per l'uso ne metto uno a sciogliere nell'acqua che mi servirà per la biga. Se riuscite a fare fettine anche più piccole, meglio. NOTA: se usate il lievito disidratato dividete per tre la quantità da ultilizzare.
Impasto: impastare leggermente, il giusto necessario affinchè l'acqua venga assorbita dalla farina, e comletamente, senza applicare nessuna forza, affinchè non si formi la maglia glutinica e si blocchi la formazione di aria. Di norma bastano 2/3 minuti, poco di più se usate quantativi notevoli di farina. Bagnata la farina, si spezzetta e si pone possibilmente in contenitore ermetico, tipo scartola in polietilene per alimenti da congelatore, e si pone:
- a TA (18-20 gradi) per 16, max 24 ore per la biga corta
- 1 ora a TA, 24 ore a 6°, 24 ore a TA per la biga lunga (in questo caso usate farine molto forti, tipo W 320-360). Io non ho trovato differenze significative nelle mie produzioni. Potrebbe servire molto bene per una Napoletana casalinga, che con forno adatto viene buonissima, ma i detentori della pizza Napoli DOC ancora osteggiano questo tipo d'uso.
In verità già dopo 12 ore la biga è utilizzabile, per quanto se si riesce a stabilizzare sulle 16 ore è il punto perfetto. La biga deve apparire leggermente gonfia e avere un odore tipo yogurt. Per utilizzarla a 12 ore usate il 50 % di acqua anzichè il 44 %
Si prosegue secondo la preparazione da effettuare. Ogni quantitativo di acqua e farina usato andrà sottratto dal quantitativo finale previsto in ricetta
Es se la ricetta prevede 1 kg di farina con 570 grammi di acqua, preparando una biga al 40% si avrà:
biga: 400 grammi di farina, 200 grammi di acqua
Impasto finale: alla biga aggiungere 600 di farina e 370 di acqua

Poolish o preimpasto semiliquido

Simile alla biga, utilizza quantitativi e tempi diversi dei componenti.
Si usa una farina di forza medio alta (w 280-320 o manitoba)
Peso dell'acqua 1:1 (es 200 grammi di farina+ 200 grammi di acqua)
Lievito: a seconda di quando volete pronto l'impasto:
– 1-2 ore 2.5% di lievito sul peso della farina;
– 4-5 ore 1.5% di lievito sul peso della farina;
– 6-7 ore 1% di lievito sul peso della farina;
– 8-9 ore 0.5% di lievito sul peso della farina;
– 10-12 ore 0.3% di lievito sul peso della farina;
– 13-14 ore 0.2% di lievito sul peso della farina;
– 15-16 ore 0.1% di lievito sul peso della farina.
Gli appassionati ci dicono che andrebbero scelti tempi tra le 8 e le 12 ore, anche per problemi pratici di utilizzo. Il poolish ha una particolarità: va utilizzato appena cessa l'effetto lievitante, ne prima ne dopo.
In pratica si puo segnare sul classico contenitore ermetico la linea di base dell'impasto appena preparato. Quando ci si avvicina all'orario previsto, almeno le prime volte, va guardato e trovato il punto massimo di lievitazione o crescita. Come questo comincia a sgonfiarsi perchè non ha più elementi nutiritivi da "mangiare", è l'ora giusta per procedere alle fasi successive. Aspettare significa trovare un impasto ormai in morte, quindi inutile. Utilizzarlo prima significa perdere potenziale lievitante dell'impasto.

Pane senza impasto

In verità è una specie di pane con biga al 100 %. Pur se pubblicizzata da un Newyorkese, le sue origini sono Italiane; altri non è che il pane Cafone di Napoli.
Si miscela velocemente una parte di farina forte (manitoba 200 grammi) con una parte di farina 0 normale (300 g), poco lievito e tutta l'acqua necessaria. Non si impasta. Si mette in contenitore per un 20 ore, poi si tira fuori, si fanno le pieghe, si lascia lievitare su canovaccio per 2 ore e poi si pone dentro una pentola pesante preriscaldata (o pirex o anche su leccarda, ma in questa ultima il tempo di cottura passa da 30 a 50 minuti)

Tempi di impastamento

Una cosa che non si capisce mai bene, è quanto tempo impastare, come capire quando un impasto è pronto per le fasi successive.
Regola 1: un impasto è pronto quando è incordato e asciutto, cioè si è formata la massa glutinica, ed è stata assorbita tutta l'acqua usata. Non deve assolutamente essere appiccicoso. Se appiccica, proseguire perche ancora non è pronto
I tempi variano anche abbastanza tra un sistema a mano, uno a planetaria e uno con impastatrice a spirale.
Quando si aggiunge acqua e lievito alla farina, cominciano le varie reazioni chimiche del tutto, su cui non mi soffermo. Più che altro diciamo che le proteine della farina, messe in contatto dall'acqua, grazie all'azione meccanica dell'impastamento, tendono a legarsi formando quel miracolo che si chiama massa glutinica. Cioè quel particolare composto elastico, che sarà in grado di trattenere i gas formatesi durante la lievitazione, e che contribuirà a formare gli alveoli, che siano fitti e piccoli, o grosse caverne.
Durante i primi minuti, la farina non farà altro che assorbire l'acqua, e i movimenti successivi, daranno origine al legame. Quando comincia a formarsi il glutine, la massa diventa sempre più elastica, e contemporaneamente asciutta, fino a staccarsi da sola dal piano o dalla ciotola.
Quando ciò succede, è il momento di fermarsi. Se proseguissimo oltre, rischiamo il crollo del glutine, e l'impasto finirebbe di nuovo sciolto e...inutilizzabile. Si, possiamo provare ad aggiungre altra acqua, farina, forse si forma del nuovo glutine, ma ingloberebbe impasto ormai non più idoneo a gonfiarsi, quindi un...casino totale.
Orientativamente, perchè tutto dipende dalla forza della farina, da quanta forza il sistema applica all'impasto, addirittura dalla quantità di farina stessa, possiamo indicare come tempi medi:
impasto a mano 10-15 minuti
impasto in planetaria 15-30 minuti (attenzione che l'impasto deve essere sempre essere schiacciato sulla ciotola. Se si arrampica al gancio, sta solo girando, senza essere impastato)
Impasto su spirale 15-20 minuti alla formazione della zucca (forma tipica nell'impastatrice a spirale dotata di barra spezzapasta)

Come riconoscere un impasto smontato

Ahimè, succede, può succedere, che un impasto perda la maglia glutinica e restituisce un qualcosa di inutilizzabile.
Succede se si mette acqua nei tempi sbagliati (tipo troppa alla fine del tempo), se si usa troppo poca farina, se si pensa di spingere l'impastamento ma si superano i tempi di impasto (comunque non sono cosi stretti, ma e facile andarsene troppo oltre)
Impasto a mano: dopo il giusto tempo, si ritorna ad una massa collosa e umida
Impasto in planetaria: vero che l'impasto tende ad arrampicarsi al gancio, ma quando si smonta sale su verso la testa, quasi fuoriuscendo dalla ciotola
Impasto a spirale. Si arrampica sul verme (la spirale) venendo risucciato dal fondo della ciotola.

Morale

E dopo aver letto tutto, che tipo scegliamo? O perchè passare da un semplice impasta e cuoci, a tutte le manfrine di preimpasti, frigoriferi, etc etc?
 
Mettiamola in questi termini. Le nostre nonne miscelavano farina acqua e lievito, sale secondo ricchezza e zone geografiche, lievitazione e cottura, una manciata di ore, e un prodotto già ottimo.
Il tempo, la scienza, le prove, han fatto scoprire che dagli impasti si può ottenere di più; di più sotto forma di nutrimento, digeribilità, consistenza del morso, durata, sapore. Sta a noi scegliere, dopo aver appreso le basi, cosa ci va di provare, sentire il risultato, e spericolarsi in metodiche via via più raffinate e complicate. A parte le regole base, non esiste un metodo migliore di un altro....sono tutti gusti esclusivamente personali...e voglia di fare e sperimentare.
A voi giocare nel modo che riterrete più opportuno

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